Il caso ogni tanto ci mette lo zampino. Lo scorso anno, quando Paolo Cognetti, con il romanzo "Le otto montagne" ("Einaudi"), vinse la quarta edizione del Premio letterario "Strega Giovani" (ma poi si aggiudicò lo "Strega" vero e proprio), nella cinquina finale risultò anche Chiara Marchelli con il romanzo "Le notti blu" ("Perrone"). L'aspetto singolare che risultò stava nel fatto che, mentre Cognetti è un milanese valdostanizzato (vive ad Estoul di Brusson), la Marchelli è una valdostana naturalizzata americana a New York. Mi aveva incuriosito questo scambio di provenienza fra città e montagne. Poi mi venne proposto l'estate scorsa - ecco il destino - di presentare l'ultimo libro della Marchelli a Saint-Vincent, per cui - ligio al dovere, che poi risultò un piacere - lessi tutti i suoi libri. Ma, per un difetto organizzativo, la presentazione non ci fu e venne prevista nuovamente nel successivo periodo natalizio. Quanto è avvenuto venerdì scorso.
Così ho conversato con Chiara. Aspetto da eterna bella ragazza, anche se ha superato i quarant'anni, con uno sguardo franco e diretto, direi come il suo eloquio e la sua scrittura. Ha sorriso, durante il colloquio, del parallelo con Cognetti, che è ovviamente solo una casualità, che gli ha consentito all'epoca del premio di conoscere questo suo collega fattosi montanaro, che gli è risultato simpatico. La Marchelli, così dice, non si sente particolarmente valdostana, non avendo genitori originari della Valle, ma poi ammette che i legami ci sono, come dimostra l'ambientazione valdostana di parte delle storie da lei raccontate, come nel già citato ultimo romanzo dove appare fra gli altri Courmayeur con il suo vallo della frana di La Saxe e la... "Cidac". Interessante la sua vicenda: da liceale al Linguistico di Courmayeur, dopo la lettura di un autore egiziano che l'affascina, di studiare arabo alla "Ca' Foscari" a Venezia, città dove conosce Cesare De Michelis della "Marsilio" (fratello del famoso politico Gianni), che scopre il suo talento e nel 2003 pubblica il suo primo libro, dopo avere domandato molte riscritture per giungere al buon risultato. Non amando particolarmente la città lagunare dove si laurea, si trova al bivio fra Parigi e New York. Lavorando in un albergo, conosce degli americani e sceglie la città simbolo degli States. «Entrata per la prima volta in metropolitana - ha spiegato - ho sentito qualcosa alla pancia: questa era la scelta giusta per la mia vita». Pubblica altri libri, insegna italiano all'Università, lavora come editor, copywriter e traduttrice. Trapela un'evidente pudore nel parlare della sua vita privata, anche se la sua sensibilità - dietro una scorza di sicurezza di sé - arriva nel ricordo delle Torri Gemelle con la terribile strage, quando ci vollero quasi otto mesi perché potesse riprendere le sue attività professionali ordinarie. Ma non cessò mai di scrivere neppure in quel frangente, come fa da quando aveva otto anni ed ha ricordato, nell'incontro, come a quattordici anni spedì ad un editore il suo primo romanzo: un caso di scuola di come si possa inseguire un sogno giovanile con grinta e determinazione, superando anche momenti difficili per far stampare i propri libri. Ma certo il passaggio allo "Strega" è stato importante per il futuro. Ho trovato un articolo che Chiara ha scritto per "Il Libraio", dove così dice: «Il gioco delle tre carte consiste nell'indovinare dove si trova l'asso, che viene spostato insieme ad altre due carte dalle rapidissime mani del cartaio. Se applichiamo il gioco delle tre carte alla mia identità, qualunque delle tre si scelga, vale. Immigrata: sono venuta a vivere a New York diciotto anni fa. Doveva essere un passaggio veloce, sei mesi qui, sei a Parigi e poi Il Cairo, per dare un seguito alla laurea in Lingue Orientali. Sono ancora qui. Americana: nel 2001 ho preso la Green Card per meriti artistici e poi la cittadinanza. Ho votato Obama nel 2008, l'ho rivotato quattro anni dopo. Stavolta Sanders, per una questione di pratico romanticismo, e Clinton. Scrittrice: scrivo da sempre, in italiano. Il primo racconto è uscito nel 1996, poi i libri. Scrivere è un modo di stare in sé e nel mondo, raggiungere gli altri, scavare nella realtà. Vivendo all'estero, il mio scrivere è nutrito dalla distanza, declinata in storie ambientate in Italia e in America, e nello spazio che sta in mezzo». E' evidente il suo impegno "liberal" ed i diritti civili sono di certo un suo campo nel nome del civismo, così di conseguenza il suo giudizio verso Trump e il "trumpismo" è durissimo, perché espressione populista del tutto opposta alla sua visione cosmopolita ed aperta della società americana. Sul nuovo inquilino della Casa Bianca Chiara pensa che potrà arrivare l'atteso impeachment e con le ultime rivelazioni sui rapporti con la Russia la possibilità che ciò avvenga si avvicina. A fine pomeriggio, dopo aver salutato Chiara, con la speranza di andarla a trovare a New York, mi sono limitato a dire ai suoi genitori quanto questa loro figlia che vive oltreoceano fosse tosta e cittadina del mondo.