Tutti sanno - e qualcuno mi prende anche garbatamente in giro - la mia passione nello scavare nelle storie di famiglia, perché è un modo di capire meglio le proprie radici. Una personalità che mi pare molto interessante è il fratello del mio bisnonno, Paolo "Paul" Caveri, cui si deve il "ramo valdostano" della mia famiglia con la nascita ad Aosta di mio nonno René nel 1867. Sul sito sampierdarena.net si trovano interessanti spunti, legati alla via dedicata appunto ad Antonio Caveri nel quartiere di Sampierdarena a Genova: "All'avvocato genovese nato il 2 aprile 1811 (sul busto a "Palazzo Tursi" a Genova è scritto erroneamente 1812), da Cesare (negoziante, di famiglia benestante originaria di Moneglia dedita al commercio di cereali ed abitante in via del Campo) e da Emilia Curotto (figlia di banchieri); fu battezzato con i nomi Antonio Francesco (l'atto di nascita, è scritto in francese quale "septième du Regne de l'Empereur Napoléon le vingt deux Juin"; l'atto di battesimo in san Marcellino, è scritto in latino)".
Mio zio Severino annota come il mio trisavolo di parte materna - indicato come armatore - si ritirò dal commercio di cereali quando perse una nave in una tempesta al largo di Marsiglia. Altrove ho visto che l'educazione di Antonio fu curata dal nonno materno, Paolo Francesco Curotto. Ma proseguo con la biografia iniziale: "Ebbe anche il dono dell'intelligenza; così poté facilmente superare (da "garzonetto") le scuole medie a Lucca raccogliendo diplomi e premi, erudito di filosofia e letteratura greca, romana, germanica, ma anche americana, indiana, cinese; fino, giovanissimo, la laurea in legge nell'università di Genova nel 1832. Compì il tirocinio andando ad esercitarsi nello studio di un allora noto professionista, Ludovico Casanova, trattando cause commerciali, civili e canoniche. Fecondo nello scrivere (più da giovane che da adulto), lavorò alla "Guida di Genova e del Genovesato", voluta dal Comune per il Congresso degli scienziati del 1846; nonché primo collaboratore del "Corriere Mercantile". Di cultura molto spaziosa (il Cabella lo definì «profondamente erudito in ogni parte dell'umano sapere»), ingegno versatile, acume professionale, ebbe una carriera progressivamente in crescendo: prima professore collegiato nell'Università di Genova (nel 1839 vi tenne il corso di "storia del Diritto"), poi nel 1847 professore ordinario (chiamata "cattedra dei Razionali del diritto", insegnò la "introduzione generale alle scienze giuridiche e politico-amministrative") incarico che conservò sino a divenire preside di facoltà (novembre 1866 - 1868), e rettore dell'Università (1868 - fino alla morte). Intanto anche libero professionista; ben presto divenne un giurista di fama, lasciando vasta impronta di sé nel foro, profonda opera nell'insegnamento, incisiva partecipazione al rinnovamento del Codice". Ma c'è un aspetto politico assai significativo, così riassunto: "Quando Carlo Alberto concesse lo Statuto, fu inviato al Parlamento (1848), deputato dalla prima legislatura, per tre volte, al parlamento subalpino in rappresentanza della Liguria fin dalla prima riunione indetta da Carlo Alberto. Assolse varie missioni ordinate dal Parlamento, come un progetto di legge per unire sia il Veneto con Venezia, Padova, Vicenza, Treviso e Rovigo, sia Mentone e Roccabruna, al regno sardo. Partecipò alla stesura del primo codice di commercio italiano, rimasto famoso nell'ambito delle riforme statali, ed a cui diede il massimo del suo sapere; ed all'adattamento delle istituzioni scolastiche. Si dice disgustato dall'ambiente (sicuramente molto influenzò l'esito della ribellione genovese ed il modo con cui fu soffocata da La Marmora), nel 1849 si ritirò dalla vita politica nazionale e si dedicò all'amministrazione comunale, come consigliere, per ventidue anni (quale civico consigliere del nuovo Comune, fece parte - assieme ad Orso Serra ed all'avvocato Cataldi, il 6 aprile 1849 - della delegazione che si recò a Torino a perorare l'amnistia per i responsabili della sollevazione a Genova del marzo - aprile 1849; ottenne l'amnistia che però fu esclusa per i Triunviri, per altri nove "ribelli" (Avezzana per primo) e per chi era militare o giudicato reo di delitti a parte. Si adoperò per far raddoppiare le scuole genovesi, lasciandone ben 162 aperte e funzionanti; fu pure presidente del Consiglio provinciale e della Camera di Commercio, collaborando attivamente alla stesura del primo codice di commercio italiano; partecipò al riordinamento delle imposte municipali e degli uffici amministrativi comunali. Dedicandosi unitamente all'insegnamento universitario, divenne docente di storia del diritto (1851); di storia del diritto e diritto pubblico nel 1856; ebbe poi la carica di vice rettore dell'Università nel triennio 1857 - 1859, quando con un accordo tra istituti municipali e governativi, istituì le scuole serali e domenicali per i lavoratori, la biblioteca degli operai, classi speciali per analfabeti, scuole preparatorie al Magistero per le fanciulle, migliorando anche le condizioni sociali dei maestri e direttori. Fu Preside di facoltà di Diritto nel triennio successivo quando fu riconosciuto anche Senatore del regno nel 1860 (con questo incarico, nella storica seduta del 26 febbraio 1860, fu lui a proclamare l'avvenuto Regno d'Italia). Nello stesso anno, quando venne ufficialmente istituita la Provincia di Genova, ne divenne presidente. Nel 1863 fu eletto sindaco della città di Genova. Compare nel 1865 il suo nome tra gli azionisti di una "società di Beneficenza per la costruzione di abitazioni per le classi meno agiate"; questa cooperativa, seppur efficiente, riuscì a costruirne uno solo. Altre società similari, e con denominazione altrettanto similare, ma con azionisti diversi, nel periodo post unitario, eressero in Genova in tutto cinque case per operai, a fronte di settanta edifici di lusso. Presidente della "Società Ligure di storia Patria" (1866); rettore dell'Università nel 1868; membro del consiglio provinciale nel 1869 eletto nel sestiere del Molo. Di nuovo rettore dell'Università di Genova dal 1868 al 1870, anno della sua morte avvenuta il 23 febbraio, poco prima di compiere sessant'anni. Di probità ed onestà unica, dopo aver guidato la vita pubblica cittadina nazionale e locale per tanti anni, lasciò agli eredi gli stessi beni che lui aveva acquisito dai genitori. Fu in seguito alla sua morte che il Consiglio comunale decise ospitare le sue spoglie - con quelle dei grandi e meritevoli cittadini genovesi - in una parte apposita del cimitero di Staglieno, innalzando allo scopo il Pantheon. Così, per decisione comunale, venne tumulato a Staglieno nel Famedio, cappella pantheon dei Suffragi, dedicato agli uomini illustri. La lapide dice: "Antonio Caveri, 1811 - 1870, maestro e rettore". Mi sembra una bella storia.