Tanti anni fa, quando mi occupai della cessione da una società delle partecipazioni statali alla nostra Valle della miniera di magnetite di Cogne, ebbi modo di visitare quelle gallerie, accompagnato dal sindaco di allora del paese, il più amato del dopoguerra, Osvaldo Ruffier. So che ora non sta bene e me ne dolgo, ma lo ricordo con affetto, pensando a quando entrai con lui in quello che fu un il suo posto di lavoro e non ci poteva essere cicerone più competente in quei luoghi, ed era davvero entusiasta di evocare quegli anni vissuti lassù, manovrando alcuni macchinari con quella perizia che deriva da una lunga esperienza. Ho pensato a lui, ora che ci sono visite guidate nella miniera che in tanti anni ha forgiato il carattere roccioso dei cognein, dopo il passaggio al Comune ed in attesa di quei fondi europei che dovrebbero dare ancora più attrattività a questa miniera, già interessante oggi.
Sin dai miei tempi - lo preciso a chi disse il contrario e mi arrabbiai - erano stati stanziati soldi comunitari, che poi vennero distratti altrove e mi auguro che in questo periodo di programmazione 2014-2020 non si finisca per ridurre progressivamente i finanziamenti promessi, perché sarebbe un errore. Anzi, per l'intera Regione le miniere di Cogne possono essere una ricchezza, che si aggiunge a siti analoghi interessanti - penso alle miniere di Brusson e di Saint-Marcel - ma non comparabili in termini storici e di importanza per l'economia valdostana nella sua interezza. Ma a Cogne bisognerà avere le idee molto chiare e non disperdersi in attività varie, concentrandosi sul fascino di quegli scavi nella roccia e sulle vicende umane che vi ruotavano attorno per un dovere della memoria. A me la visita, pur nei limiti attuali, è piaciuta molto per la simpatia e la competenza delle guide e per il fascino di un sistema complesso che dal passato più remoto esplose progressivamente fra Ottocento e Novecento con punte in epoca autarchica fascista, quando il ferro di Cogne ed il carbone di La Thuile, assieme all'idroelettrico, alimentarono lo stabilimento siderurgico "Cogne", importante per lo squinternato sforzo bellico. Ma Cogne, con la sua Repubblica partigiana, fu anche un segno di speranza contro la follia bellicista del Duce e penso sempre al ponte della ferrovia di Ivrea fatto brillare dai partigiani, quando lo stabilimento aostano era di fatto nelle mani dei nazisti, per evitare il trasporto del materiale lavorato ad Aosta. Ma torniamo nelle gallerie che raccontano della sovrapposizione degli scavi, prima ad alta quota a Liconi con sforzo dei valligiani, poi più in basso a Colonna con attitudine imprenditoriale esterna e con un vero e proprio con un villaggio enorme per i Minatori ed infine Costa del Pino, dove si chiuse nel 1979 lo sfruttamento della vena del metallo. E' da lì che si dipana per ora la visita con il clou di un chilometro percorso dai visitatori sul trenino dei minatori in una miniera di cui è stata mantenuta viva la concessione proprio per evitare di cadere nel baratro degli obblighi trasportistici di sicurezza che di fatto chiuderebbero ogni accesso. Quando, invece, questo turismo minerario è una risorsa sfruttata in tutto il mondo e non bisogna spegnerla per eccessi burocratici. Ma io vedo un'altra ragione, che si coglie per visitare, immaginando la fatica di cui parlano i cento chilometri di gallerie, ricordando quegli uomini - i minatori devoti a Santa Barbara e che non volevano però donne fra loro per superstizione - avvolti dalla polvere che penetrava nei loro polmoni con strumenti per cavare il ferro pesanti e pericolosi in una logica lavorativa oppressiva fra rumori assordanti e esplosioni rischiose in un buio che si capisce soldi quando vengono spente le luci aggiunte per la visita e si resta con quella frontale, sul proprio casco da minatore. E' un mondo che va evocato e basta vedere il celebre film "Miniere di Cogne, Val d'Aosta", realizzato da Marco Elter negli anni Trenta (ma ci sono anche utili filmati "Luce") per capire meglio la storia della miniera, l'attività estrattiva del minerale e quel meccanismo complesso che prevedeva il trasporto del materiale da Cogne fino ad Aosta. Vorrei che certi luoghi attirassero i turisti e fossero per i giovani valdostani uno spaccato del mondo passato più utile di molto altro per capire chi siamo, comprendendo - perché indispensabile - da dove veniamo.