Nascerà un nuovo Governo a diciotto in Valle d'Aosta, che riporterà gli Assessorati a sette (erano scesi a cinque) e che riaggregherà parte delle forze autonomiste in un progetto che nulla ha della réunification da tutti invocata ma poco praticata, perché a parole sono tutti bravi. Un nuovo Esecutivo che va rispettato perché le regole della democrazia sono il vangelo, ma non si può negare che abbia l'aspetto di quelli che a Roma venivano definiti come "Governi balneari", perché hanno una data di scadenza come gli yogurt. La triste constatazione è che la maledizione dell'ingovernabilità persiste e ripeto fino alla noia che ciò non riguarda solo la legge elettorale e la forma di governo con i suoi annessi e connessi, ma richiama al senso del dovere rispetto a quello sparpagliamento in atto delle forze autonomiste.
Ma questo deve avvenire - e non è il caso in esame - attraverso un progetto che va costruito e condiviso e non deve sorgere dal nulla per fini utilitaristici. Ci vuole una logica più profonda, tenendo anche conto della tipologia locale della Lega con l'apporto - con cui bisogna confrontarsi - di quella parte che si è denominata "Jeune Vallée d'Aoste". Questo significa che non si può partire solo, come ora, dal Governo regionale e dalla sua composizione attraverso un'entente posticcia, come fosse un fungo coltivato dai soli vertici, ma dovrebbe essere un seme piantato per ricostruire una situazione compromessa da vari fattori, compresa l'innegabile capacità di dividersi in fazioni che i valdostani coltivano con efficacia. Per non dire dei rischi, che hanno caratterizzato gli anni passati, di derive leaderistiche che, oltre a fare danni nella conduzione della Cosa pubblica e senza attenzione al famoso "Bene comune", hanno spento ogni partecipazione reale di iscritti a partiti e movimenti. Chi si sente pedina su scacchiere con mosse scelte da poche persone vive un senso di frustrazione, specie se non si sente un gregario e rivendica giustamente pensieri propri. E questo clima, purtroppo e lo dico con spleen autocritico e non per fare la morale solo agli altri, ha creato una disaffezione crescente, un astensionismo al voto ed una vulgata generale di ribellione verso i politici, di cui essi non si rendono conto perché coccolati nei rispettivi "cerchi magici" e dunque avulsi dal vero idem sentire popolare. Questi sentimenti avversi, come una raffica di mitra sparata a casaccio, non colpiscono solo i bersagli giusti ma fanno strage - persino con fuoco amico - in modo indeterminato e rischiano di colpire a morte quel senso di appartenenza, quel modo di pensare, il patrimonio comune di idee che sono come le fondamenta di una casa per l'Autonomia speciale. Cessate queste fondamenta tutto è destinato a sprofondare e l'Autonomia può morire di consunzione se cessa di essere percepita come un bene comune, ma come una vecchia e inefficace sovrastruttura, incapace di autoriformarsi quando necessario per essere più pronta a reagire a un mondo che cambia e non consente di stare fermi su vecchie logiche. L'operazione vera di réunification non passa attraverso il "manuale Cencelli", nella rispettabile scelta di dividere proporzionalmente i posti di potere, ma nel gesto risoluto - come si dice in francese riferendosi alla cancellazione di una lavagna - di "effacer l'ardoise". Capisco bene che questa non sia una logica di perdonismo fine a sé stessa, come una confessione rapida che con due "Ave Maria" e quattro "Padre Nostro" cancelli peccati imperdonabili verso la comunità, ma mi accontenterei di confronti leali in cui spicchino, se possibile, le ragioni che uniscono più che quelle che dividono sulle cose da fare attraverso un "progetto Valle d'Aosta" che non si limiti a pezzi di Legislatura. Bisogna decidere cose di portata storica su temi concreti per l'avvenire e non per il solo gusto di chiacchierare a vanvera o per scrivere documenti micragnosi che non portano da nessuna parte. Bisogna imparare a dibattere e a fare sintesi, che diventino poi legislazione regionale, atti amministrativi, azioni concrete che diano speranza a tutti. Attraverso patti generazionali che leghino nuovo e vecchio, entusiasmo ed esperienza, fantasia e piedi per terra. Rischio, quando scrivo, di essere una specie di inutile "vox clamantis in deserto", cioè uno che grida da solo nel deserto, come se fosse matto. Frase che si adatta ad una persona i cui consigli rimangono inascoltati. Peggio per me, direi. Anche perché di certo non faccio male a nessuno, osservando operazioni che si somigliano tutte, anno dopo anno, in un'inquietudine di una politica che sembra un continuo terremoto, senza mai un momento di tranquillità che consenta di avere di fronte a sé quella stabilità indispensabile per poter fare. Guardavo alla televisione le immagini di due personalità elvetiche che lasciano dopo un decennio il loro impegno politico, Doris Leuthard (che ho ben conosciuta) et Johann Schneider-Ammann: davanti al Conseil Fédéral hanno salutato e ringraziato in un clima di civiltà e partecipazione umana. La Politica può essere anche fatta di comportamenti cavallereschi e gentlement's agreement e non solo di colpi bassi e rivalità.