Non si può che guardare con invidia - anche se le montagne valdostane sono una ben diversa barriera - ai collegamenti ferroviari di cui Bolzano e di conserva Trento godono verso l'Austria (per non dire con Roma, ma andrei fuori tema). Sono linee tradizionali che funzionano bene, a cui si aggiungerà la nuova galleria in Alta velocità del Brennero la cui apertura avverrà nel 2027 (se nessun imbecille si metterà di mezzo bloccando cantieri ormai avantissimi), il tunnel diventerà il più lungo del mondo: 64 chilometri da Fortezza in Alto Adige a Tulfes, a Nord Est di Innsbruck. Nella secolare rincorsa fra strada e ferrovia questa è un'opera ciclopica, che fa balzare in avanti la rotaia, purtroppo su di una direttrice ben diversa dalla nostra e che avrà per il turismo dei nostri amici delle Dolomiti un impatto enorme nell'accorciare tempi e distanze in provenienza da tutta Europa.
Ma sarà anche una grande chance per muoversi all'inverso e questo significa anche per i sudtirolesi rafforzare ancora i legami con il mondo germanofono cui appartengono ed anche per i trentini per coltivare un legame con un mondo che è stato anche il loro per secoli nel plurilinguismo degli Imperi multinazionali, in cui le lingue diverse non erano un problema. Noi non abbiamo purtroppo una ferrovia che abbia uno sbocco internazionale. Non mi metto a fare la storia dei perché: resta il fatto che i grandi progetti ferroviari ottocenteschi previsti anche da noi verso Svizzera e Francia sono rimasti solo sulla carta sia nel Regno d'Italia che sotto la Repubblica. Nel Novecento, com'è noto, sono arrivati negli anni Sessanta i due trafori stradali e pagano il peso dell'età per via delle tecnologie del tempo della loro costruzione: il Gran San Bernardo, abbastanza corto (poco più di cinque chilometri e mezzo), con l'handicap del monotubo e situato molto in quota con conseguenti manufatti imponenti di accesso e protezione con costosa manutenzione; il Monte Bianco anch'esso monotubo e posto ad altezza elevata rispetto a quanto si farebbe oggi e con la faticosa salita/discesa dal lato francese. Non sarà la seconda canna di sicurezza del Gran San Bernardo - quando mai arriverà dopo un terribile ritardo - ad essere una soluzione ed il raddoppio del tunnel del Bianco, facilitato nel caso del blocco della ferrovia con tunnel della "Torino - Lione", sarebbe una scelta ridicola tecnicamente, oltreché lasciapassare (cui mai i francesi daranno l'assenso) per un'invasione dei Tir nella valli d'accesso che si trovano sotto il Monte Bianco, la nostra e la Vallée de l'Arve. Per cui è giusto, se non oggetto di sparate in epoca elettorale buone per i gonzi (e lo scrive chi conosce le dinamiche europee delle reti ferroviarie), capire se prima o poi ci sarà spazio per un "buco" ferroviario, che sia considerato costruibile a condizione che ci siano linee ferroviarie moderne e funzionanti lato italiano e lato francese o svizzero che garantiscano i collegamenti necessari con le rispettive pianure. L'unica discussione, che non ha portato a nulla ed avutasi in tempi non remoti su una ferrovia internazionale, ha riguardato il vecchio sogno della "Aosta - Martigny" con progettualità varie, molte conferenze, incontri interessanti ma infruttuosi. Me ne occupai una decina di anni fa, ma la Confederazione elvetica era presa dalle costruzioni in corso come i tunnel del Lötschberg (34,6 chilometri) e San Gottardo (57 chilometri) e non poteva guardare altrove e - lato nostro - andava immaginato un linea in galleria del tutto diversa dalla "Chivasso - Ivrea - Aosta", che è linea ottocentesca senza reale inserzione con l'Alta capacità italiana. Forse oggi - messe in esercizio quelle tratte - si potrebbe tornare a Berna assieme ai vallesani, sapendo che nel caso loro ci sono alcune soluzioni già esistenti per collegarsi da Martigny con la rete ferroviaria europea. Nebbia fitta, invece, sul lato francese: soldi ed energie sono tutte concentrate sulla "Torino - Lione" e se l'Italia si ritirasse - con esborso colossale di denaro - è ovvio che i francesi non si metterebbero neanche al tavolo per ferrovie che sbuchino da loro attraverso il nostro territorio. Avendo a suo tempo approfondito il dossier, pesa poi il fatto che ovunque si buchi da noi non esistono linee Oltralpe per una facile giunzione che dia un senso internazionale a un'opera che abbisogna di finanziamenti così costosi da essere a disposizione solo su di una tratta a dimensione europea. Eppure o da un lato o dall'altro bisognerà pur muoversi per il futuro, almeno seminando qualcosa che verrà raccolto dai nostri figli e nipoti in questo secolo.