Da sempre la politica è fatta di scontri e stragi fra avversari e a dimostrarlo è la storia infausta dell'umanità. Tuttavia, senza vestirsi con un positivismo smentito dai fatti, bisogna ammettere che ci siamo un pochino evoluti nel tempo. Così dal primigenio inseguirsi con una clava per convincere a suon di bastonate il proprio concorrente (sino ad arrivare alla bomba atomica), si sono inventate e poi si sono sviluppate le Assemblee piccole e grandi - sfociate infine nei Parlamenti - per dare regole alle tenzoni e canalizzare in modo non violento le decisioni. Modo appunto per evitare confronti bellicosi e infiniti, cercando in modo più pacifico le soluzioni ai problemi dei cittadini, che eleggono i propri rappresentanti per quello e non per altro. Resto un parlamentarista convinto e condivido la preoccupazione per la situazione italiana, espressa da Emma Bonino: «ogni giorno stanno venendo meno a colpi di forconi i pilastri, già fragili, della nostra democrazia liberale. Il Parlamento non conta più nulla». Se muore il confronto nelle Assemblee vacilla la democrazia.
Nella mia vita ho visto sfide oratorie straordinarie, confronti avvincenti su testi di legge, batti e ribatti in riunioni di Governo su che strada prendere, che mostrano come, essendo umani e non robot, sia legittimo esprimere anche in modo caldo e partecipato le proprie convinzioni con il peso di sentimenti e emozioni. Io spesso l'ho fatto e confesso che mi è capitato persino di eccedere con alcune categorie: i furbi che falsificano le carte e pensano di farmi fesso, quelli che fanno i "primi della classe" senza averne titolo, chi pensa di prendermi per il naso (e vista la mole non è facile) e lo stesso disprezzo tocca chi scopro che è disonesto in termini morali o peggio materiali. Aggiungo a lato il peggio: chi tradisce la mia fiducia, situazione che non solo mi ha spesso indignato, ma persino addolorato e non riesco a farci il callo. Ciò detto, noto una crescente stortura sia da chi sta in maggioranza e dunque gli spetta il gravoso compito di assumersi le responsabilità principali, sia da chi all'opposizione vigila, controlla e propone alternative. Il confronto dialettico dovrebbe avere lo scopo appunto di elevare la qualità delle decisioni da assumere. Ma qualcosa si è rotto in Italia come in Valle d'Aosta nella sostanziale incapacità di tenere il tono elevato e di vivere le discussioni in modo costruttivo ed efficace, aiutati non solo dai tradizionali strumenti informativi, ma adoperando le potenzialità dei "social" che creano una sorta di democrazia diretta sbilenca, sfociata purtroppo sempre più in una passerella fatta di una continua campagna elettorale. Una vetrina del peggio perché non serve solo per dire la propria, ma per trasmettere odio e violenza verso chi non la pensa come te in un crescendo rumoroso e scomposto. Questa modalità d'azione si trasferisce nelle assemblee politiche, in cui non si riescono più a mettere paletti e regole, affermandosi nuovi usi e costumi in cui in troppi adoperano una logica tribunizia "trash" da tribunale del popolo assetato di ghigliottina. Si dimentica così la differenza che sottende la democrazia, che è fatta di rispetto reciproco e anche dalla necessità di costruire e non di passare il tempo «a picconare i nemici» (sic!) a costo di giungere a smantellare elementi basilari della civile convivenza e della sacralità delle Istituzioni, gettando sempre e solo benzina sul fuoco. Questa guerra continua non logora solo i protagonisti, ma avvelena i pozzi, perché se chi ha dei doveri derivanti dalle proprie cariche si comporta come fosse al bancone del bar dopo aver bevuto troppo, immaginarsi come si atteggiano le "truppe" di questi Generali e lo si vede non solo più nelle piazze, ma sul Web, dove appare materiale allucinante, spesso dietro volti resi volutamente anonimi, perché la stragrande maggioranza degli insultatori agisce nell'ombra e diventa strumento di quelle "fake news" che falsano persino le elezioni. Per cui sarebbe buona regola provare a resettare la situazione e mettere al bando i seminatori di odio e zizzania, perché il confronto politico - duro, cattivo, incalzante - è altra cosa e in politica, come nel calcio, ci vorrebbero il cartellino giallo, quello rosso e persino provvedimenti più gravi, come la sospensione di chi esce dal seminato, perdendo il buonsenso e talvolta persino - con aspetti di patologia mentale - il senso della ragione.