Per i casi della vita o meglio della mia attività politica ho conosciuto tre sindaci di Venezia, veneziani "doc", dai tre caratteri diversi, ma tutti accomunati da una grande intelligenza e da quell'ironia e perspicacia che deriva dal "Dna" dei cittadini di questa straordinaria e millenaria città. Il primo l'ho conosciuto in Parlamento a Roma, Mario Rigo, oggi arzillo novantenne, che resse Venezia dal 1975 al 1985. Il secondo, di cui divenni amico in occasione delle elezioni europee del 1999, è Massimo Cacciari, filosofo e intellettuale senza pari, sindaco della "Serenissima" dal 1993 al 2000. Il terzo, che frequentai prima a Roma e poi a Bruxelles al Parlamento, europeo, è stato Paolo Costa, economista grande esperto di trasporti, sindaco fra il 2000 e il 2005.
Tutti e tre, in fasi diverse, mi spiegarono - ciascuno con il proprio stile - quanto fosse unico e straordinario essere Primo cittadino di Venezia, dove nel Municipio situato a Palazzo Farsetti (che ho visitato con Cacciari) vanno e vengono delegazioni di tutto il mondo, perché Venezia è imperdibile per chiunque visiti l'Italia. «Meglio di essere Ministro!» - mi diceva con il suo bel accento veneziano il decano dei tre, Rigo, che mi invitò più volte per manifestazioni politiche, quando da socialista storico svoltò in area autonomista, annusando l'aria. A lui si deve anche quel Carnevale di Venezia, così come oggi lo conosciamo. Di Cacciari cosa dire? Fu lui a telefonarmi per dirmi nel 2000: «Ti lascio il seggio al Parlamento europeo!» e ricordo la sua visita in Valle d'Aosta, la sua meraviglia durante un giro in elicottero sulle nostre vette più belle e la sua cultura enciclopedica nel commentare certi affreschi dei nostri castelli. Con Paolo, assieme a Romano Prodi, allora Presidente della Commissione europea, all'inizio degli anni 2000, passammo serate divertenti con quell'aneddotica veneziana, tipo l'amicizia con Renato Brunetta, anche lui veneziano, che una sera fece da baby sitter al bambino di Costa, che davanti a tutti - riferendosi alla piccola statura di Brunetta - disse: «Ma Renato è un bambino che fa l'adulto o un adulto che fa il bambino?». Capitò di parlare con ciascuno di loro del destino di Venezia e di questo problema capitale dell'acqua alta e dei rischi di danneggiamento progressivo di questa città unica al mondo. Rigo era contrario a quel sistema sofisticato del "Mose", fatto di sbarramento per arginare l'impatto del mare sulla città. Costa era invece favorevole ed in queste ore ha commentato che l'esistenza del sistema, iniziato sotto la sua Amministrazione, avrebbe "salvato" dal disastro delle scorse ore, ma il "Mose" - ha detto - è ormai come l'"Ilva" di Taranto. Cacciari è sempre stato contrario e, anni fa, scriveva su "L'Espresso", alla luce anche degli scandali giudiziari attorno al "Mose": «Si sono scontrate due strategie radicalmente opposte. La prima centralistica, anti-autonomistica, concentrata sul mito della grande opera salvifica; la seconda, coerente con tutta la tradizione dei lavori pubblici in laguna, fondata sull'esigenza di garantire una manutenzione continua, attraverso interventi sempre correggibili, reversibili e miranti non solo alla "fisica" della città, ma anche al suo tessuto economico e sociale. Questa seconda strategia è stata "asfaltata" nel corso degli anni dalla potenza di fuoco del "Consorzio Venezia nuova". Con il convinto applauso della totalità o quasi degli organi di informazione. Il sottoscritto, da sindaco, fin dal 1994, sempre sostenuto dalla maggioranza in Consiglio comunale, si ostina invano a esigere verifiche e confronti». Ormai il "Mose" è quasi sulla dirittura d'arrivo, ma costerà ancora parecchio ed il suo funzionamento e la sua manutenzione - sperando funzioni - avrà un peso economico enorme, certo non sopportabile per il Comune. Intanto Venezia, nel millenario sforzo di stare a galla, mai come oggi si trova in crisi e bisogna far di tutto per salvarla! Altrimenti sarebbe davvero il segno tangibile di un'Italia destinata ad andare a fondo, e le premesse ci sono tutte.