Arrampicarsi sugli specchi è un esercizio improbo e francamente pure stupido. A meno che non si sia l'Uomo Ragno, che sale ovunque con i suoi fili da ragnatela, l'operazione è infatti un azzardo, che ha nel suo uso consueto due significati compatibili. Da una parte tentare azioni difficili o meglio impossibili, dall'altra sostenere ragioni senza fondamento. In politica conosco degli scalatori dell'impossibile, che agiscono con sprezzo del pericolo e pure del ridicolo. Si destreggiano in pose alpinistiche per far vedere la loro progressione, ma sono destinati a scivolare inesorabilmente nel vuoto e purtroppo cade e si schianta anche chi si è legato improvvidamente con loro in cordata.
Mi spiego meglio e con un esempio concreto. L'Autonomia speciale della Valle d'Aosta è una cosa seria e la sua difesa e il suo sviluppo devono essere patrimonio comune, ma - in un sistema democratico - i rappresentanti politici, gli eletti hanno un compito nobilissimo di impegnarsi ancora più degli altri cittadini che li hanno scelti. Ebbene, mi è capitato e mi capita di riflettere su certe pochezze culturali di conoscenza dei fondamentali necessari per ricoprire questo ruolo da parte di alcuni e di vedere persone che si infilano in discorsi senza capo né coda nel loro mandato per questa medesima ragione. Trovo che sia ora che, nel rapporto pattizio fra elettori ed eletti, ci sia piena consapevolezza per inquadrare il nostro futuro in quella logica di coerenza e competenza di cui tanto si è parlato in questi anni. Ma agli annunci non sono seguiti i fatti e la crisi di stabilità politica in Valle è causa e assieme effetto di questa situazione. Il rischio è che l'autonomismo federalista precipiti in provincialismo e localismo, oltreché in una classe politica considerata interessata solo ai periodi elettorali ed al proprio personale destino. Ovvio dire che conterebbe di più una buona amministrazione, che è il minimo sindacale, perché invece andrebbe accompagnata da una visione politica originale che sappia dare respiro alla Valle e so bene che per fortuna le persone per farlo ci sono e non bisogna fare di tutta un'erba un fascio. Ma c'è un passaggio in più. Scriveva qualche giorno fa il direttore del quotidiano "Alto Adige", Alberto Faustini, rispetto alla sua Specialità, quale esperto serio dell'Autonomia trentina e sudtirolese: «Di solito tendiamo a guardare il nostro orticello. Abituati a far ruotare tutto attorno a noi anziché a considerarci un frammento - minuscolo, fra l'altro - di un pianeta complesso e in tutti i sensi sempre più caldo, per non dire bollente. Alzare lo sguardo o guardare le cose da un altro punto di vista comporta fatica. Per non dire dello sforzo necessario per uscire dall'egoismo cercando di entrare - a tutti i livelli - non solo nell'altruismo, ma anche nell'altrove». Se la Valle vuole considerarsi, usando un vecchio termine, un "Pays d'Etat" e cioè che la Regione e chi la rappresenta abbia consapevolezza di quell'aggettivo che è "Autonoma", allora bisogna che non sia solo una continua guerra politica interna, ma ci sia su alcune questioni una vera e propria pax che consenta di mettere a fattore comune i temi importanti ed i rapporti con quanto c'è oltre le nostre montagne. Non è una sorta di logica corporativa della politica, ma l'idea che chi si arrampica sugli specchi nuoce gravemente al nostro avvenire. Specie se in quei medesimi specchi si rimira in quella logica personalistica da «Specchio, specchio delle mie brame, dimmi chi è la più bella del reame». Il realismo è fondamentale e funziona se accompagnato da alcuni punti chiari e definiti nel solco di idee e pensieri che non vivono in un retaggio di un passato che era diverso dall'oggi, ma si applicano al quadro di vita attuale, altrimenti tutto diventa anacronistico e come tale destinati ad essere spazzato via. Chi si arrampica sugli specchi si illude che non sia così e soprattutto vive una dimensione ormai avulsa dalla quotidianità. Un proprio mondo autoreferenziale che è instabile come un fragile castello di carte e ciò è negativo non solo per loro, ma per tutto e spinge verso un degrado irreversibile.