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23 lug 2021

Erbe velenose nella politica

di Luciano Caveri

Ci sono due erbe infestanti e pure velenose nella politica. La prima è la violenza verbale, la seconda è il chiacchiericcio inutile. Sulla prima leggevo Massimo Recalcati su "La Repubblica": «La politica non esclude affatto il conflitto acceso. Anzi la sua pratica è un modo per canalizzare il carattere acefalo della violenza in quello culturalmente simbolizzato del conflitto tra le idee. Nel nostro Paese il linguaggio della politica ha conosciuto negli ultimi decenni, in corrispondenza con l'affermazione del populismo prima leghista e poi grillino, una regressione preoccupante alla dimensione dell'insulto, del dileggio, della diffamazione». Questo lo si deve ricordare e bisogna farlo con serenità e con uno sforzo comune per avere toni e modalità diversi.

Prosegue Recalcati: «Una delle più gravi responsabilità politiche del grillismo, prima dello sforzo della sua urbanizzazione provocato dalle esperienze di governo e, più recentemente, dall'azione politica di Giuseppe Conte, è stata quella di aver impregnato il linguaggio della politica di odio rivolto non solo verso le persone ma, ancora più gravemente, verso le Istituzioni democratiche. La stampa e i media che hanno cavalcato questa onda populista si sono fatti interpreti a loro volta di questa alterazione profonda del dibattito politico: il dileggio, l'aggressione verbale, la satira carica di veleno, la dietrologia paranoide, la storpiatura stile fascista dei nomi. L'insulto ha preso il posto del ragionamento, la squalifica morale dell'avversario del confronto laico tra idee divergenti. Questo clima barbaro che il grillismo ha contribuito in modo decisivo a generare e che i suoi sostenitori mediatici hanno amplificato trasformandolo in prassi ordinaria, è divenuto una tremenda gramigna che infesta ogni confronto politico». Il secondo problema è il profluvio di parole che infesta e fa perdere tempo a tutti: un'inutile e colossale «bla bla bla». Espressione interessante e non insultante, che è stata spiegata nelle sue origini dalla "Bbc". Il primo ad usarla in era moderna fu un giornalista americano in un libro pubblicato nel 1918, seguito nel 1921 da un articolo sul settimanale USA "Collier's". Più indietro, nell'Ottocento, in America si era diffuso l'uso del termine "blab blab blab" per indicare un discorso privo di senso, come nella parola "blabber", che vuol dire appunto questo; e da quel "blab" si sarebbe evoluto il "bla" successivo (che si scrive "blah" in inglese). Andando ancora più indietro nel tempo, la "Bbc" ha appreso che già nell'antichità esisteva un'espressione analoga: "bar bar bar", derivata in greco antico dalla parola "barbaro" ed usata per descrivere una parola senza significato, secondo quanto riferisce all'emittente britannica il professor Geoff Numberg, linguista della "Universiy of California" a Berkeley. Da quel lontano passato si sarebbe arrivati al "bla bla bla" odierno, definito dai dizionari italiani d'oggi come "voce imitativa del suono prodotto da un chiacchiericcio continuo e monotono, chiacchiera futile, conversazione vuota". Se si mettono assieme violenza e vuoto ne scaturisce il progressivo impoverimento culturale e morale della politica e nel cittadino svaporizza l'impegno politico.