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17 ago 2021

I ciarlatani

di Luciano Caveri

E' ora di riportare in auge una parola e adoperarla senza troppi scrupoli, perché utile nell'attualità ed ingiustamente confinata negli ultimi anni in un polveroso cassetto. Si tratta di "ciarlatano", che scopro avere una storia linguistica assai divertente. Si parte da una località dell'Umbria, Cerreto, da cui provenivano, nel Medioevo, venditori ambulanti e curatori improbabili, da cui deriva l'ormai dismesso "cerretano". Dice "Wikipedia": "Il borgo è anche conosciuto come "Paese dei Ciarlatani", appellativo riconosciuto a Cerreto nel vocabolario della Crusca del 1612 e diffuso fin dal Cinquecento, quando i suoi abitanti erano descritti come: «Coloro che per le piazze spacciano unguenti, o altre medicine, cavano i denti o fanno giochi di mano che oggi più comunemente dicesi Ciarlatani [...] da Cerreto, paese dell'Umbria da cui soleva in antico venir siffatta gente, la quale con varie finzioni andava facendo denaro»".

A un certo punto il termine si incrocia con "ciarla" o meglio "ciarlare", che sarebbe una onomatopea di "parlare a vuoto", quel che fa appunto il ciarlatano. Implacabile a proposito la definizione plasmata nella "Treccani": "Chi un tempo, sulle piazze, cavava i denti o vendeva rimedî che decantava miracolosi; la parola è rimasta in uso per indicare prestigiatori, giocolieri, e in genere chi vende in pubblico prodotti specifici o altre merci attirando la gente e incantandola con abbondanza di chiacchiere. Chi si spaccia per quello che non è, chi cerca il proprio guadagno dandola ad intendere, impostore, gabbamondo: «i potenti sono talvolta meno astuti, ma più soverchiatori dei ciarlatani» (Ugo Foscolo). In particolare, riferito a professionista (avvocato, e soprattutto medico) di scarsa capacità e di ancor minore serietà professionale". Fossi un prestigiatore o un giocoliere pretenderei una netta differenziazione con certi truffatori, tipo le famose tre campanelle con cui alcuni si fanno ancora abbindolare. Oggi il mondo si è espanso: dalle televendite con affarissimi alle proposte spam via mail con le occasioni o presunte tali più assurde, dal mondo del Web con mille balle alle "catene di Sant'Antonio" via WhatsApp. Si può ridere di questo, ma quotidianamente posso verificare fra parenti e amici l'esistenza di gonzi che ci cascano e si fanno fregare con incredibile facilità. Capisco, per chi fa politica da anni, il rischio di sentirsi ritorcere contro la caricatura del politico ciarlatano, che, specie in occasione delle elezioni ma anche nella sua attività corrente, inanella discorsi e promesse, che rischiano in molti casi di scadere nella mistificazione o nella millanteria non certo a fin di bene. Ne ho conosciuti ed alcuni sono ancora in auge e mi domando non solo di loro e della loro capacità di convincimento, ma mi chiedo come possano molti cittadini cadere ancora in certi evidenti inganni, se non pensando che ci sono persone che creano fascinazione e soggiogano persone deboli con la forza del convincimento. Vedo ancora, di conseguenza, personalità terribili e squalificate che coltivano orticelli di adepti che non si sa bene come facciano ancora ad essere lì. Il peggio sono le sette, che nascono e si sviluppano su argomenti vari, cementando gruppi che diventano monomaniacali, seguendo ciarlatani che imbarcano anche ottime persone in avventure improbabili. Penso a certe compagnie di giro che si stanno aggregando contro i vaccini e molti altri aspetti di risposta alla pandemia, lanciandosi poi in logiche utopistiche che fanno sorridere per chi, com'è capitato a me, ha studiato all'Università fenomeni collettivi del passato, che sembrano riproporsi periodicamente specie in momenti di crisi e che mai sono finiti bene. Bisogna diffidare di questi tempi di chi disprezza per partito preso il mondo scientifico, di chi denuncia a mani basse l'esistenza di congiure e complotti, di chi diffonde notizie spacciate come segrete e riservate frutto di fantomatici dossier, di chi si atteggia a grande intellettuale ma senza basi per farlo, di chi gioca all'antisistema in modo vacuo se non vaneggiante.