Un multicolore gruppone di politici valdostani di diverse epoche milita per l'elezione diretta del presidente della Valle, come si diceva una volta, sostituito ormai dal meno identitario presidente della Regione. Hanno fissato un percorso a tappe - immagino sotto qualche regia professorale - che dovrebbe sancire il risultato e rafforzare in chiave elettorale anche, almeno per alcuni di loro, una sorta di "Santa alleanza" contro l'area Autonomista. In verità ci hanno già provato in passato a fare "pateracchi", prendendo qualche tranvata, perché mettere tutti assieme appassionatamente, quando si è diversissimi, è impresa difficile. Vedremo gli eventi senza scandalizzarci proprio perché nulla di nuovo c'è sotto il sole. Trovo, invece, che sarebbe stato più interessante ed utile vedere convergenze su un punto diverso: discutere a fondo l'attuale stato della nostra Autonomia speciale ed i suoi destini.
Non sarebbe male dedicare a questo una sessione specifica in Consiglio regionale per nobilitarne il ruolo e dimostrare che non ci si occupa prevalentemente di interrogazioni ed interpellanze, che scorrono via in maratone in cui il gioco fra opposizione e maggioranza sembra partite di tennis senza il "tie-break", introdotto per contenere la durata degli incontri che rischiava di protrarsi eccessivamente. Ma ormai non si dialoga per l'aula ma per scaldare gli animi on line dei propri tifosi, e così molti atti ispettivi servono per coltivare i propri clientes, con lo scopo mantenere la loro fedeltà e devozione. Invece tre vicende dovrebbero aggregare le generali preoccupazioni di chi ha un ruolo elettivo a livello regionale. La prima, quasi scivolata via come se nulla fosse, è la sentenza della Corte Costituzionale contro la legge regionale che mirava a consentire di armonizzare con proprie decisioni le regole nazionali sulla pandemia. La sentenza ha riportato tutto in capo allo Stato, asfaltando poteri e competenze regionali senza pietà alcuna. La seconda riguarda la condanna della Corte dei Conti sulla vicenda Casinò ad eletti che votarono in Consiglio Valle un finanziamento per "salvare" la Casa da gioco. Giustizia contabile e quella penale differiscono molto nella ricostruzione dei fatti e sul ruolo dei consiglieri regionali e sulle loro guarentigie quando votano pende ora un'attesa sentenza della Corte Costituzionale. Ma è ora, anche in questo senso, di capire il perimetro della legittimità di decisioni politiche, perché sennò chi fa amministrazione - politico o dirigente - rischia di scegliere la strada dell'ignavia. La terza questione concerne il famoso "Piano di Resilienza" a favore del rilancio dell'economia, sintetizzato nella sigla ormai nota come "PNRR". Al di là della nota questione di chi è andato a Roma a dire che la priorità valdostana era l'elettrificazione della ferrovia senza averne discusso con nessuno, resta il fatto che questo Piano ha assunto caratteristiche così centraliste da rendere offensivo il ruolo assegnato alle Regioni con il rischio che la complìcatezza, l'illogicità e la tempistica delle procedure non consentano neppure di usare i fondi a disposizione. Tutti gli eletti regionali di qualunque colore discutono fra loro questo scempio ma Roma tira dritto verso il baratro. Tre esempi ulteriormente allargabili a molte altre questioni che vanno prese in considerazione per capire lo stato di salute della nostra Autonomia sempre meno speciale.