Oggi mi occuperò di un argomento apparentemente futile e devo dire che lo faccio come una boccata di ossigeno. Sarà che pubblico quasi sempre questo mio scritto quotidiano dopo la lettura dei giornali e sono tali e tanti gli spunti di preoccupazione da restare stupefatto. Viviamo situazioni così bislacche da non credere. Mi viene in mente la battuta che Quino metteva in mente al suo personaggio, Mafalda: «Fermate il mondo, voglio scendere!». Penso di non essere il solo con questo stato d'animo. Ma veniamo al punto, anzi si potrebbe dire alla puntura. La scienziata, scrittrice di memorabili libri sugli animali, Isabella Lattes Coifmann, così scriveva sulla zanzara: «Con l'olfatto e i sensibili termorecettori la zanzara sente l'odore e il calore che emanano dal corpo umano. Sibilando vola e cerca il posticino su cui posarsi tra un follicolo pilifero e l'altro, là dove affiorano sotto la pelle i capillari sanguigni. Appena l'ha trovato il suo ronzio cessa di colpo e lei sfodera in silenzio tutto il suo sofisticato armamentario di ferri chirurgici».
Su "Twitter" sono state pubblicate frasi divertenti, tipo: «Se becco la zanzara che mi ha messo 5 stelline su "TripAdvisor"». (@frandiben) «Se non insulti la zanzara dopo averla uccisa non è veramente morta». (@BiondaBipolare) «Quella voglia di chiudere una zanzara nel freezer, per poi liberarla sperando che vada a dire alle altre che è arrivato l'inverno». (@masse78) «Ho ucciso una zanzara e ora ho un Pollock sul muro». (@FeniceArde) Ascoltavo alla radio una tizia autodefinitasi "vegetariana" che spiegava di essere molto appetitosa per le zanzare, ma che non le uccide per rispetto al mondo animale. Sigh! Non sono affatto d'accordo. Resto sinceramente stupito che una coppia di zanzare sia stata imbarcata sull'Arca di Noè e leggo con assoluta partecipazione dei Paesi civili dove trattamenti preventivi operano strage di zanzare che non sono neppure più autoctone. E lo dico per mia esperienza perché molti anni fa al lago di Viverone una zanzara esotica mi inoculò nel bianco dell'occhio una filaria (verme tipo "Alien" pur in scala), che mi venne tolto all'ospedale di Ivrea da un chirurgo oftalmico. A dimostrazione personale delle schifezze che le zanzare trasportano con il loro morso (o prelievo?) Quanto siano noiose lo dicono le parole: dall'italiano "ẓanẓàra", onomatopea che imita il ronzio fastidioso dell'insetto. Mentre il francese "moustique" (misto fra "mouche, mosca", e "tique, zecca") viene dallo spagnolo "mosquito", che vale anche in inglese e con il tedesco "moskito". Insomma, una schifezza volante, che - ecco il fatto personale - mi considera da sempre molto succulento. Aggiungo che quest'anno, come non mai, la zanzara ha risalito le Alpi anche laddove era insetto raro. Brutta storia, maledetta zanzara che prospera, diventando nuvola, con il caldo del cambiamento climatico!