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08 ott 2022

Al capezzale del traforo del Gran San Bernardo

di Luciano Caveri

Non credo di poter essere considerato un novellino, ma ci sono occasioni nelle quali mi capita ancora di stupirmi, com’è avvenuto ancora in queste ore, partecipando come ospite parlante alla Commissione mista italo-svizzera del Traforo del Gran San Bernardo. Un dossier assai delicato che vede di fronte svizzeri e italiani al capezzale di questo traforo di cui la Regione, per la parte italiana, è azionista di maggioranza. Mai come in certe occasioni ci si rende conto di quanto una parte dei rappresentanti ministeriali “romani” risultino incomprensibili per i pragmatici svizzeri, compresi i nostri amici più prossimi del Valais e del Vaud, che seguono la traduzione simultanea con occhi troppo spesso spalancati per lo stupore. Quando vedono esplicitate promesse, memori già di riunioni passate in cui c’è chi prese impegni mai mantenuti, i nostri vicini e cugini insistono per avere una “carta canta”, nel senso che alle rassicurazioni verbali corrispondano impegni veri e propri e non parole. Inutile dire che “verba volant, scripta manent”. Tant’è che ad un certo punto ho persino perso la pazienza, perché mi pareva ovvio che non rispondere alle loro domande o surfare su frasi di circostanza non servisse a nulla e questo al di là di certe cose che ho sentito sul diritto comunitario da parte di alcuni funzionari che devono aver cagionato chissà dove la morte di un professore universitario della materia. Il fatto triste e facile da circostanziare è che il traforo, classe 1964 come nascita e molti anni prima come concezione progettuale, sente e sentirà il peso dell’età e necessita già ora è molto in prospettiva di lavori importanti di ammodernamento che costeranno parecchio, come già è costato molto il tunnel di sicurezza, anch’esso impantanatosi per un certo periodo dopo la costruzione nei sofismi tecnici della nostra amata Capitale. Quel che è emerso di sicuro, grazie alle carte…, è che ripartirà con una spesa elevatissima (127 milioni di euro) la variante di Etroubles e di Saint-Oyen già costata molti soldi e tante soste del cantiere. Questo investimento statale deve convincere ad agire per coerenza il Governo italiano con cui abbiamo avuto in questi anni molte interlocuzioni per ottenere quanto necessario sulla infrastruttura e anche nel nostro caso alcune rassicurazioni non sono andate a buon fine. Sono tre i punti essenziali, che ho ripetuto nella parte meno agitata dei miei interventi. Bisogna anzitutto trovare le risorse da parte dello Stato con un finanziamento straordinario di circa 28 milioni per fare i lavori da svolgere sulla soletta di ventilazione della galleria su cui per l’appalto sta già lavorando la parte elvetica. Il Ministero delle Infrastrutture sembra confermare questa volontà, verbalizzata nell’incontro e almeno su questo ci siamo, malgrado una certa confusione sulle fonti di finanziamento. È indispensabile poi per finanziare, in ulteriore prospettiva, i lavori nel tunnel attraverso l’allungamento della concessione che scadrà nel 2034 sino nella migliore delle ipotesi al 2070 e siamo pronti a fare la nostra parte a Bruxelles. Per questo è bene che la Regione autonoma sia informata con chiarezza dal Governo del percorso del dossier che sarà all’attenzione della Commissione europea. Invece, almeno per ora, c’è una certa nebbia, che preoccupa i nostri elvetici al tavolo e anche noi. Riproporremo infine al nuovo Governo italiano la possibile cessione ad Anas del tratto oggi esercito da Sitrasb dallo svincolo verso il Colle sino all’imboccatura del tunnel, che è un costo spaventoso per una manutenzione non ben calcolata all’epoca della costruzione, quando rispetto al calcestruzzo esisteva una speranza di maggior solidità nel tempo. Insisteremo poi sul piano locale con la SAV (Società autostrade valdostane) per rimettere a norma rapidamente il sistema di gallerie di Sorreley, oggi a traffico limitato da troppo tempo con carreggiata ristretta, che è come noto punto di giunzione con l’autostrada del fondovalle per risalire la vallata che porta sino al tunnel, evitando di attraversare Aosta. La chiusura periodica del traforo del Bianco rischia di aumentare il traffico e la viabilità deve essere efficiente. Argomenti chiari da porre sul tavolo del nuovo Governo, sperando che non scompaia nella palude di una burocrazia che riesce spesso – nella straordinaria opacità della Città Eterna – a spostare decisioni che col tempo al posto di avvicinarsi alla soluzione sembrano allontanarsi con evidente beffa. Per il tunnel verso la Svizzera questo non può avvenire.