Ci sono argomenti difficili da trattare e sui quali esprimersi ti espone alle critiche in un mondo nel quale la polemica è diventata pane quotidiano. Personalmente ho il difetto di parlare chiaro anche su argomenti divisivi. Non gioco nella squadra di chi dà un colpo al cerchio e uno alla botte per non dispiacere a nessuno, per cui capisco che c’è chi coltiva la vulgata secondo la quale ho un cattivo carattere. Se è un prezzo da pagare rispetto alla schiettezza contro la mistificazione, allora va bene così. Ci pensavo rispetto a certe mie prese di posizione chiare sui vaccini. Ancora di recente aver espresso la bontà della scelta è la critica a chi non si è vaccinato mi ha portato un mare di insulti su Twitter, ovviamente pilotati dal sistema settario dei contrari al vaccino, che mostrano una visione antiscientifica e la ripresa dei soliti temi triti e ritriti. Ma quel che colpisce è la violenza nelle parole e parolacce, nelle minacce evidenti e rabbiose. nella catena di Sant’Antonio di commenti volgari. Eppure – mi spiace per loro – io continuo convintamente, malgrado la loro speranza che certe espressioni mi facciano paura o cambiare idea. Ora si prospetta la questione delicatissima dei migranti che fuggono dai loro Paesi e arrivano in Italia sulle spiagge del Sud o attraverso i Balcani. E’ un tema annoso (ricorderete gli albanesi in fuga dal loro Paese nel 1991), che accende il dibattito politico e sul quale si esprimono posizioni del tutto inconciliabili fra chi vuole sbarrare le frontiere e chi consentire ingressi senza limiti. Naturalmente sono queste le due posizioni estreme, che da tempo si fronteggiano. L’argomento è carsico, nel senso che appare e scompare dal dibattito politico e oggi, in effetti, ci sono altre priorità più evidenti che mettono la sordina al tema. Tuttavia non sfugge il fatto che la questione vada affrontata con maggior determinazione e non esclusivamente per una questione di ordine pubblico o di rispetto delle norme internazionali che, solo per fare un esempio, evidenziano l’assoluta legittimità del diritto d’asilo. Guardavo in queste ore – legate al settore scolastico – le ennesime statistiche che riguardano le nascite in Valle d’Aosta e la popolazione giovanile fra gli 0 e i 29 anni. Sono dati che spaventano per l’invecchiamento crescente della popolazione e l’impoverimento di una società senza nuove risorse. Certo è necessaria una politica più decisa per contrastare la denatalità, come fanno altri Paesi europei, ma gli esiti restano incerti e comunque non sul breve periodo. Il nostro tasso di fecondità è così basso da rischiare di essere quasi irreversibile. Avremo, comunque, necessità di rimpinguare la nostra popolazione. Questo significa che avremo bisogno anche nel nostro piccolo di ragionare, nel limite delle nostre possibilità di fronte ad un problema epocale che obbliga l’Unione europee a politiche comuni, sui flussi migratori, che oggi avvengono a casaccio senza alcuna regia e in mano alla criminalità che regola il traffico dei disperati. Credo che sia ora, come qualche volta in passato è avvenuto con alcune sperimentazioni nel settore turistico e in quello agricolo, di ragionare sul tema, uscendo dalle dispute ideologiche, profittando ad esempio di alcuni programmi comunitari sul Mediterraneo e sul Centro Europa. Se non si cercheranno forme di accordi e di pianificazione, allora sarà il Caso con le circostanze che si creeranno a gestire il fenomeno migratorio, di cui non si potrà fare a meno e ciò avverrà in modo caotico e forse conflittuale.