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03 dic 2022

Il politico e i pregiudizi

di Luciano Caveri

Esistono le cose concrete e poi ci sono i pregiudizi, che in qualunque caso ci rendono peggiori e pure un po’ fessi e a tratti inutilmente cattivi. Si tratta di uno specchio deformante. La definizione da dizionario del pregiudizio suona più o meno così: “Idea opinione concepita sulla base di convinzioni personali e prevenzioni generali, senza una conoscenza diretta dei fatti, delle persone, delle cose, tale da condizionare fortemente la valutazione, e da indurre quindi in errore”. Diceva Voltaire: “I pregiudizi sono ciò che gli sciocchi usano per ragionare”. E precisava meglio: “Il pregiudizio è un’opinione senza giudizio”. Pensavo al lavoro - ripeto, al lavoro - che ho fatto per larga parte della mia vita: la politica. Forse dovrei scrivere più opportunamente il politico e me fregio con fierezza e senza complessi. Sentite, però, come suona, “il politico”, e pensate oggettivamente a quale reazione stimola appena pronunciata. L’esperimento è facile: la rete diffusa di pregiudizi rispetto ai politici senza alcuna distinzione agisce in fretta e crea d’emblée un senso di antipatia e di rigetto senza troppi distinguo - come dicevo - fra buono e cattivo. Qualcuno penserà che ho bel coraggio a difendere la categoria. E in fondo chi lo sostiene non ha tutti i torti. A fare notizia sono le cattive notizie e sono piene le cronache negli anni di politici disonesti, incapaci ed arruffoni. Questo diventa un elemento decisivo: sul banco degli accusati ci va tutta la categoria, com’è avvenuto nella logica della Casta, che ha fatto precipitare anche chi non lo merita nello stesso pentolone e solo accennare una timida difesa suscita ironia se non sarcasmo. Sapendo che l’antipolitica esiste ed è cosa seria, non mi ci metto io a fare l’avvocato difensore. Ma osservo almeno una sola questione e cioè una delle madri di tutti i pregiudizi e che considera il fare politica sia espressione massima del dolce far niente, di una forma estrema di pigrizia se non di parassitismo. A questa arrière pensée mi ribello e non per un riflesso corporativo. Ma perché posso testimoniare di come, per chi lo faccia seriamente, la vituperata politica - e ragioni di disprezzo di sicuro ce ne sono - sia attività totalizzante e faticosa. Quando trovo chi con sorrisino e aria di sufficienza mi apostrofa “Eh! Il politico…” vedo in quella sospensione da puntini una sentenza del genere: “questo non ha mai fatto un tubo, beato lui”. Allora mi piacerebbe fare un gioco e metterli nei miei panni in alcuni dei ruoli elettivi che ho ricoperto, cercando sempre di fare il mio dovere. Scoprirebbe giornate senza orari, problemi da risolvere, dossier da studiare e molto altro ancora, compresa una volontaria rinuncia a momenti di vita privata. Non lo scrivo per fare la vittima e so bene che ci sono lavori più faticosi e certo meno gratificanti è peggio pagati. Ma il pregiudizio di essere considerato un nullafacente vita tutto rosa e fiori nella bambagia con annessi privilegi da califfo è davvero insopportabile. Però ci ho fatto il calo e dunque “crepi l’astrologo!” e con lui chi vive di invidia e di gelosia. Ne ho conosciuti tanti e, senza pregiudizio, ho sempre pensato quanto sia triste la loro vita.