Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
17 gen 2023

Quei Borghi in crisi

di Luciano Caveri

Viviamo di contraddizioni e alcune di queste derivano dallo scorrere della Storia. Mi colpisce sempre come alcuni luoghi fisici della Valle d’Aosta abbiano avuto nel tempo, com’è normale che sia, profonde trasformazioni che dimostrano cambiamenti sociali ed economici importanti. Una specie di fluire ben visibile in molte occasioni con conseguenze forse non prevedibili quando cette località erano nei loro tempi d’oro. Ci pensavo l’altra mattina, percorrendo a piedi, prima dietro la banda e poi a passo lento, i 300 metri dello straordinario Borgo di Donnas in occasione della Foire de Saint-Ours. Per chi non lo conoscesse questo percorso così antico, che è un pezzo dell’antica strada delle Gallie e ha vissuto momenti di straordinario fulgore con palazzi nobiliari, commerci e locande, viene in aiuto il breve descrittivo proposto nel sito del Comune: “Superata la maestosa porta orientale, interamente in pietra e costituita da un arco a tutto sesto e percorrendo la strada in discesa verso ovest, il Borgo svela la sua unicità, in quanto mantiene ancora oggi immutata l’atmosfera dei secoli passati.
Le sue antiche date incise sugli architravi in pietra, i suoi affreschi stinti, come quello della Madonna con le mani giunte, gli antichi stemmi, le scale a viret, i camini d’epoca, i soffitti a cassettoni, le sue finestre d’epoca, come la grande quadrifora situata di fronte alla piazza comunale e i suoi portoni in noce intagliato, sono solo parte di un vastissimo patrimonio storico, culturale e sociale che oggi diventano il perfetto riassunto dello scorrere del tempo”. Chissà un giorno con un visore di Metaverso si potrà attraversare questa parte del paese, vedendo i legionari romani, i pellegrini della via Francigena, il passaggio di Napoleone o Camille Benso Conte di Cavour che si gode una passeggiata e anche - lo si volesse - la furia distruttrice dell’alluvione del 2000, che diede un colpo durissimo al Borgo e alcuni abitanti da allora non sono più tornati nelle loro case. La contraddizione fra la bella Foire, che disperde in tutta la zona i banchetti dei quattrocento espositori e fa rivivere in una straordinaria atmosfera tutte le antiche vestigia, e la tristezza dello spopolamento ormai usuale e che per un attimo sembra scomparire. Bisogna essere oggettivi: sarebbero enormi gli investimenti necessari per una rimessa a nuovo di immobili spesso in comproprietà e gravati da vincoli severi della Soprintendenza e non è detto che a uno sforzo come questo corrisponderebbe un successo. Minaccioso incombe il fenomeno del calo demografico su cui ormai bisognerà tarare ogni decisione per il futuro. Questo vale anche per possibili nuove iniziative commerciali. Qualcosina si muove con qualche ristrutturazione, ma si tratta nel complesso di poca cosa e a rendere difficile una rinascita generale sta anche il fatto che vivere in un borgo ha sicuramente un fascino antico ma anche qualche scomodità. Già anni fa un’apposita legge regionale sui borghi intervenne con aiuti economici a valere per tutti i paesi che hanno antichi centri storici, ma anche la vicina Bard - che pure gode dei flussi enormi di pubblico che visita il Forte - non ha visto l’auspicato ripopolamento e molte cose sono abbandonate, malgradi possibili vantaggi per investitori. Intendiamoci: questo vale per altri borghi, intendendo tra l’altro più il termine francese ”bourg”, intendendo ”Centre administratif et commercial groupant les habitations d'une commune”, mentre in italiano ormai si è sovrapposto ”borgo” con ”paese” con quello che considero uno svarione linguistico e politico. Equivoco ben presente anche nel famoso e discusso ”bando Borghi" del PNRR. Ci sono - per completezza - centri storici nei Comuni del fondovalle che soffrono di problemi analoghi, anche se meno accentuati del Bourg di Donnas e oggi non è facile trovare soluzioni concrete e non bastano purtroppo le spinte che derivano da vantaggi pubblici di tipo finanziario e fiscale che si possano dispiegare. Un patrimonio edilizio, culturale e storico rischia perciò di restare lì in un progressivo stato di degrado.