In molti mi chiedono di certe tempeste politiche che scuotono periodicamente la politica valdostana. C’è chi lo fa con uno sguardo al contingente, chiedendomi notizie puntuali su alleanze e distribuzione dei posti di responsabilità. C’è chi, invece, guarda più distante e si chiede dove si voglia andare e quale eredità generazioni di politici come la mia vogliano lasciare a chi verrà. Sguardo corto e sguardo lungo finiscono per incrociarsi e per quel che mi riguarda io continua ad avere un rovello, che è anche una chiave di lettura del presente e anche dell’avvenire. Ci penso guardando alla Valle d’Aosta negli occhi dei miei figli nella logica di risultati concreti e di traguardi ambiziosi che loro stessi potranno raggiungere in una logica più ampia di comunità. Ho vissuto gli anni d’oro dei successi elettorali dell’Union Valdôtaine, godendo anche degli esiti nelle elezioni quando ne sono stato protagonista nei 35 anni del mio percorso politico, ricoprendo con impegno incarichi significativi e sono grato per la fiducia che mi venne data. Ho vissuto poi gli anni della diaspora unionista avvenuta in diversi rivoli (ho fatto parte di UVP, poi di MOUV’, che ha aggiunto poi la dizione VdAUNIE), ma restando sempre saldamente nell’area autonomista a differenza di chi ha scelto strade incompatibili con la precedente appartenenza. Ho vissuto naturalmente questa scelta con profondo dolore e grande difficoltà non solo perché unionista per piena consapevolezza, ma anche perché la storia della mia famiglia, partendo dal ruolo dei miei parenti nella Jeune Vallée d’Aoste, si incrocia - grazie a Séverin Caveri, mio zio - con la nascita stessa dell’Union nel 1945 e poi nella sua leadership sino agli anni Settanta. Ho vissuto, come dicevo dal 1987, anni straordinari di esperienza di vita, ancor prima che politica, nel mondo unionista e non credo che sia più il caso - essendo ormai vicende storicizzate - di ritornare sulle buone ragioni che mi portano ad uscire e che ora mi spingono, se così sarà, a rientrare nell’UV, qualora ci fossero le condizioni per farlo. Ho vissuto questi anni in attesa che questo si concretizzasse e ogni volta, per diverse circostanze, si è rinviato questo appuntamento, che non riguarda me come singolo, ma è una doverosa necessità da perseguire, perché lo richiede la delicatezza delle situazioni attuali, che rendono l’unità d’intenti come l’unica strada percorribile. Fatte queste premesse, credo di avere le carte in regola e anche il curriculum politico per ribadire quanto appena scritto e cioè che non si può più perdere tempo e so di scriverlo nel cuore dell’ennesima crisi politica che rende il quadro complesso e obbliga a scelte cui non si può derogare. Esiste da una parte una decisione, qualunque essa sia, che riguarda la maggioranza regionale e la conseguenze stabilità da governare. Ma dall’altra mi fa piacere che ci sia stato un passaggio preliminare, come sono le fondamenta di una casa, che ha posto la réunification (cui aggiungere l’italiano ”ricomposizione") da sviluppare entro il prossimo mese di Maggio. Ho imparato nel tempo che se non sceglie un traguardo i tempi sono destinati a dilatarsi e il tempo ormai è prezioso. Credo che ci sia su questo una diffusa volontà popolare, affinché si concretizzi non un embrassons-nous inutile, ma un progetto politico vigoroso per il futuro della Valle d’Aosta, come ultima occasione da non perdere. Non si tratta del rischio vacuo della sola speranza, ma della ragione che ci deve guidare al di là delle divisioni del passato per avere una nuova stagione. Questo deve prevedere una capacità di visibilità di un mondo autonomista più presente sul territorio, come da tradizione, ma anche più capace a comunicare per evitare di essere soverchiati dalle voci della politica italiana.