Mi diverte molto il fatto che nelle discussioni politiche spunti, ogni tanto, la figura del costituzionalista, così come si definisce uno studioso e insegnante di diritto costituzionale. Su che cosa sia questa sua materia ammiro la prudenza iniziale della Treccani: “In linea di massima, per diritto costituzionale si intende lo studio giuridico della costituzione, al di là di qualunque significato si intenda attribuire a tale termine. In un’accezione ampia, il diritto costituzionale può infatti farsi risalire all’antica Grecia, nel momento in cui alcuni pensatori, come Aristotele, hanno cominciato a riflettere sull’idea di costituzione, appunto, e sull’assetto giuridico della consociazione politica. In una accezione più stretta, invece, il diritto costituzionale nasce con il costituzionalismo moderno, in corrispondenza all’adozione di documenti costituzionali scritti e solenni, riguardanti l’organizzazione e i limiti del potere statale”. Per capirci: lo stesso Statuto speciale della Valle d’Aosta è oggetto di studio e di riflessione di questa nobile materia, che ho praticato da deputato nel lavoro parlamentare per molti anni come testimoniano i resoconti e non solo in termini teorici ma scrivendo norme. È questo segno tangibile e non solo astratto come si evince da alcuni cambiamenti operati lungo una dozzina di anni, con procedura costituzionale, al già citato Statuto valdostano. Eppure non sono costituzionalista, ma sono solo un praticone che studia e si informa, sapendo che alla fine i principi vanno - come si dice oggi - messi a terra. Proprio per questo mi fa sorridere di tanto in tanto che sulla politica valdostana aleggi questa idea che chi si occupa di riforme che incidano sul nostro ordinamento debba essere sempre sottoposto al vaglio spesso severo del costituzionalista di turno, come se - al di là del dettaglio tecnico - assumesse in sé l’immagine algida del super partes che, con la sua scienza, indica strade giuste o bocci proposte che non gli piacciono. Una specie di Catone il Censore al di sopra di tutti. I costituzionalisti sono come tutti gli altri esseri umani agiscono sulla base di proprie legittime posizioni politiche, che plasmano le loro scelte su singoli argomenti, non trattandosi nel caso di una scienza esatta e cioè di scienza in grado di rispondere a domande nel proprio ambito con risultati esprimibili in modo oggettivo. Per cui lo stesso argomento di discussione può essere visto in modo diametralmente opposto e dunque chi annuncia le sue posizioni come verità assolute, cui i poveri politici dovrebbero abbeverarsi, lo fa sulla base di proprie convinzioni spesso ideologiche che non possono però essere spacciate come il Verbo assoluto. Poi, naturalmente, ci si può presentare sui diversi punti in modo più o meno partigiano, ma non fingendo di non indossare una casacca. Intendiamoci bene: nessuno svilisce mestieri altrui, ma segnala solo che non ci sono distinzioni rozze fra ignoranza e sapere, essendoci sempre su argomenti giuridici visioni legittimamente diverse e derivanti - lo ripeto - dai propri convincimenti qqe tutto ciò con il massimo rispetto per gli studi fatti, i lavori e le pubblicazioni compiuti con la fatica delle studioso. Lo scrivo perché ho l’impressione che sul tavolo arriveranno a Roma come ad Aosta temi importanti di possibili riforme costituzionali più o meno grandi su cui si dovranno aprire dibattiti seri e argomentati. E non basterà per gli uni o per gli altri usare la formula risolutrice e quasi magica del “lo dice il costituzionalista” con aurea di rispetto quasi mistica. Il quale per altro, per essere più efficace quando lo ritenga, legittimamente può scegliere di entrare nell’agone politico, ma mai fingendo di non farne parte e di mostrare stupore se qualcuno osserva che dietro ogni autorevole parere può esserci il suo esatto contrario. Sempre pareri ”pro veritate”…