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20 giu 2023

Il Nord-Ovest senza una strategia

di Luciano Caveri

Mentre sotto il Brennero avanza, con aumento dei costi notevole e con lo spostamento ormai al 2028 della fine delle opere di scavo, il lavoro che prevede 64 km di gallerie fra Tirolo del Sud e Tirolo del Nord, il gemello Torino-Lione accumula ritardi ben più elevati, che spostano – forse con ottimismo – l’apertura al 2034. Se intanto i Tir assediano oggi il Brennero con gli austriaci che limitano i mezzi con code epocali sull’AutoBrennero, nel nostro Nord-Ovest vien da piangere per ovvie ragioni e cioè perché manca una reale progettualità che assicuri un avvenire al sistema trasportistico. L’Autostrada dei Fiori è satura al valico di Ventimiglia, il Fréjus raddoppiato si troverà con carichi di traffico incredibili con un’autostrada di montagna già invecchiata e il tutto peggiorerà nei tre mesi da qui al 2018 a causa della chiusura del nostro Traforo del Monte Bianco, che resterà vecchio e per ora monotubo. Manca, insomma, una iniziativa strategica europea e Italia e Francia si troveranno accomunate da proteste di vario genere. Per la nuova linea ferroviaria ai NO della Val di Susa, popolazioni e purtroppo anche centri sociali e affini, si aggiungono le protese dei verdi e dell’estrema sinistra anche sul lato francese, cui si contrappongono le manifestazioni di chi – sindaci e parlamentari - il nuovo tunnel lo vuole e evidenzia i ritardi nei collegamenti a valle con la rete ferroviaria francese. Per il Monte Bianco il mondo dell’imprenditoria italiana spinge per il raddoppio spesso considerando noi politici dei cretinetti, quando spieghiamo che con i francesi bisogna fare i conti. Ma i francesi – lo dico perché informato – non vogliono sentire parlare di raddoppio né a Parigi, né a Lione e figurarsi a Chamonix. Bruxelles tace e nella nuova versione della Rete Transeuropea dei Trasporti, già presentata dalla Commissione approvata con modifiche dal Parlamento europeo, nulla si dice e il Consiglio che la voterà dovrà tenere conto del diniego francese duro e puro. Si sa che esistono progetti per tunnel di base, che entrino in galleria con modalità stradale o con forme di intermodalità via treno (tipo Autostrada Ferroviaria Alpina con base ad Orbassano), ma nessuno al momento – e spiace – li sta prendendo sul serio, specie se impegnati in un braccio di ferro con i francesi. Una storia complicata e spiace che ci siano semplificazioni in corso, tipo chi dice – anche a Roma ad elevati livelli – che l’Italia inizierà a scavare in parallelo all’attuale tunnel e poi si vedrà. Ipotesi impossibile, tenendo conto dei rapporti bilaterali necessari con la Francia, e il quadro europeo che oggi vede come fumo negli occhi – giusto o sbagliato che sia – il rafforzamento dei collegamenti stradali, preferendo la ferrovia. I più forti sono gli ambientalisti, che sono contro ferrovia e contro tunnel stradali e ci si chiede come merci e persone dovrebbero transitare attraverso le Alpi, forse a dorso di mulo o con l’avveniristico teletrasporto alla Star Trek… Insomma: un caos mica da ridere, che certo deve anche tenere conto dei necessari rapporti intergovernativi e comunitari, sapendo tuttavia che le popolazioni interessate non sono delle belle statuine. Le proteste popolari in Val di Susa si sarebbero evitate senza logiche di imposizione e di scarsa spiegazione dei progetti, calati nelle vallate manu militari. E oggi o si programma un futuro condiviso o sarà un problema, ricordando tra l’altro che i sistemi ferroviari per il trasporto merci lato italiano restano scalcinati e lo sono anche le autostrade a suo tempo privatizzate e anch’esse malmesse e invecchiate rispetto agli attuali flussi di traffico. Urge una svolta.