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30 set 2023

Una pesca avvelenata

di Luciano Caveri

Ormai si vive una vita sul Web. Inutile contarci storie. Quando facciamo la morale ai nostri figli, perché tossici di telefonino e tablet, sappiamo bene che siamo ipocriti, facendo grossomodo le stesse cose. Con l’eccezione, almeno nel mio caso ma so che altri lo fanno, di non essere vittima dei videogiochi e con l’alibi, parzialmente vero, che uso le diavolerie digitali prevalentemente per lavoro. Aggiungerei, purtroppo, perché limita ormai spazi di libertà e non permette di godere del legittimo, come dicono i francesi con un italianismo, “farniente”. Ci pensavo rispetto a questa polemica in un bicchiere d’acqua – trasformatasi sui Social e a rimorchio sui quotidiani (che seguono i Social…) – sulla pubblicità, perché alla fine di questo si tratta, fatta da Esselunga. Un raccontino filmato di una bimba, figlia di separati, che compra una pesca in supermercato e la dona al papà come se fosse un regalo della mamma, immaginandosi che questo flebile legame possa in qualche modo favorire una loro riconciliazione. Chi ha immaginato la storiella ha fatto pubblicità senza eguali al gruppo creato dal leggendario Bernardo Caprotti (che fu autore del memorabile e da me letto “Falce e carrello, Le mani sulla spesa degli italiani”, pamphlet contro la COOP). Penso che i creativi immaginassero certa una risonanza, tuttavia sottostimata rispetto all’ampiezza ricevuta. Alla Sinistra il messaggio non è piaciuto per la logica conservatrice e anche piagnona, mentre alla Destra è parso un buon messaggio in favore della famiglia tradizionale. Circostanze militanti che fanno ridere entrambe. A Sinistra perché si è drammatizzata una storiella e immaginato il solito complotto dei poteri forti. Mi pare che ci siano questioni più di fondo. A Destra perché i leader che inneggiano alla Famiglia con la f maiuscola hanno storie familiari le più scompaginate possibile. Predicano bene, razzolano male. A me alla fine lo spot non è dispiaciuto, anche se forse inadatto per una catena di supermercati, che potrebbe cercare messaggi diversi, ma chi pianifica le campagne sa che creare scandalo serve sempre per affermare un marchio e così, a conti fatti, è avvenuto. Perché non mi è dispiaciuto? Per un motivo umanissimo e pure triste: sono un papà separato e poi divorziato, quando i miei figli erano ancora relativamente piccoli e so bene due cose. La prima è che la scelta di lasciarsi per una coppia con figli implica sofferenze per i bambini, anche se ho sempre pensato che la sofferenza è maggiore nel vivere con genitori che non vanno più d’accordo. La seconda è che, almeno nei primi tempi, è del tutto naturale che persista una speranza per i figli e che i loro papà e mamma possano in qualche modo riconciliarsi. Raramente avviene e lo sforzo, a quel punto dev’essere, quello di accettare i fatti e avere la massima armonia possibile per il loro bene. Gli assetti familiari cambiano e bisogna accettare che ciò avvenga senza falsi moralismi e accettando la diversità delle configurazioni familiari, a patto di restare su di un terreno di buonsenso ed evitando eccessi. Certi toni offensivi e difensivi sulla pubblicità sono stati una esagerazione per una semplice ragione: i Social sono ormai un covo di violenza e di rancori. C’è chi, sinistra e a destra o in qualunque altra latitudine politica, non riesce a trattenere i propri eccessi. Al posto di usare il fioretto o l’ironia, sempre benvenuti, si usa la clava e l’insulto, considerando il potenziale avversario rispetto alle proprie posizioni come un nemico da annichilire senza pietà e rispetto. Amo la polemica, non mi tiro indietro, spesso mi è capitato di eccedere, ma c’è chi ormai va più in là e trasforma ogni occasione utile in un momento in cui sputare veleno e sentenze. Vien voglia di chiudersi in un eremo, senza segnale telefonico e senza Wifi, per liberarsi da certe tossine.