Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
01 ott 2023

Bene parlare delle Autonomie

di Luciano Caveri

Prevedo per domani una giornata intensa. Sarà, infatti, il momento clou, cui ho l’onore di partecipare, della seconda edizione de "L'Italia delle Regioni”, il festival nazionale della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome. Un’idea interessante per mettere una volta l’anno sotto la lente di ingrandimento il bistrattato regionalismo in Italia. Quest'anno la manifestazione si dipanerà in piazza Castello, che nel fine settimana si trasformerà - ovviamente con la presenza valdostana - in un “Villaggio delle Regioni” all’insegna delle eccellenze territoriali, sapendo che questi luoghi sono pure simboli della storia d’Italia e anche della nostra lunga storia comune con Casa Savoia. Palazzo Reale, Archivio di Stato e Teatro Carignano ospiteranno due giornate di incontri istituzionali di grande caratura, mentre il Parlamento Subalpino - dove sedette il fratello del mio bisnonno, Antonio Caveri, poi Senatore del Regno - riaprirà le porte dopo oltre un secolo ed è un’emiciclo bellissimo che addolora per la sua fine sotto i colpi della Storia. Io parlerò in un tavolo piuttosto vario come personalità su di un tema vasto (PER L'INTERNAZIONALIZZAZIONE DEI TERRITORI: promozione del made in Italy, internazionalizzazione ruolo delle Regioni in Europa) e dunque, nei 10 minuti a mia disposizione dovrò scegliere bene cosa dire e lo farò al momento, sentita l’aria che tira. Ovvio che il regionalismo in Europa, sia guardando alle diverse Costituzioni dei Paesi membri sia ai Trattati dell’Unione sul tema, resti un elemento necessario da esplorare, anche nelle prospettive dell’autonomismo valdostano e della sua capacità di trasformazione, resa sempre più necessaria dall’evoluzione nel tempo. Se questo non avvenisse, visto che tutto invecchia, rischieremmo grosso, prima o poi. Per questo bisogna restare vigili e sforzarsi di non perdere di vista scenari altrui per vedere come le cose si evolvano. Da seguire in questi tempi quanto sta avvenendo in Corsica con la scelta di apertura del Presidente Macron. Leggevo un interessante e assieme istruttivo editoriale di Le Monde: “Venu célébrer, jeudi 28 septembre, le 80e anniversaire de la libération de la Corse, Emmanuel Macron a utilisé un mot qu’aucun de ses prédécesseurs ne s’était résolu à employer. Devant les élus de l’Assemblée de Corse, à majorité nationaliste, le président de la République s’est dit favorable à une « autonomie » de l’île « dans la République », tout en prévenant que « ce moment historique » ne se fera pas « sans » ou « contre » l’Etat français”. Segue la spiegazione: ”Même si un long et aléatoire chemin reste à parcourir avant que l’île soit reconnue dans la Constitution en tant qu’entité particulière, le fait que le président de la République se résolve à poser l’« autonomie » comme meilleure option possible représente une étape importante dans les relations tourmentées entre le continent et la Corse”. Perché Macron lo ha fatto? Risponde il giornale francese: ”Son évolution s’est opérée sous une double contrainte : celle d’une nouvelle poussée des nationalistes lors des élections régionales de 2021 et celle d’une énième vague de violence déclenchée sur l’île en mars 2022 par la mort en prison d’Yvan Colonna, qui purgeait sa peine pour le meurtre du préfet Erignac et a été tué par un codétenu. Le gouvernement a alors dû relancer, dans les pires conditions, un cycle de négociations qui n’aurait pas pu démarrer sans la promesse d’« autonomie » formulée par le ministre de l’intérieur, Gérald Darmanin”. Ma l’aspetto interessante sta nella sfida lanciata da Macron, che in fondo è una pista in qualche maniera altrettanto interessante e similare nel tentativo in corso - cui ho dato qualche mio contributo di pensiero - da parte delle Speciali, Valle d’Aosta compresa, per un impulso congiunto agli Statuti speciali, in parte depotenziati in questi anni. Macron chiede, infatti, che entro sei mesi l’Assemblea Corsa si metta d’accordo in modo unitario come conditio sine qua non per proseguire. Osserva le Monde quanto non sia semplice: “Au vu des fortes divergences entre nationalistes et autonomistes et sachant les réticences de la droite à toute démarche d’autonomie, le succès n’est pas garanti. Du moins chacun est-il placé devant ses responsabilités à un moment où l’île se porte économiquement mieux mais a de sérieux problèmes à résoudre en lien avec son insularité : montée du grand banditisme et du trafic de drogue ; crise du logement affectant particulièrement les jeunes ; vieillissement de la population rendant problématique l’accès aux soins dans un habitat dispersé… En flattant l’esprit de résistance des Corses mais en soulignant les attentes concrètes de la population et le besoin d’espérance des jeunes, Emmanuel Macron a mis les élus sous pression et tenté d’enrôler derrière lui les forces vives. Il s’est aussi dévoilé aux yeux de la représentation nationale, qui devra dire sous quelle forme, jacobine ou girondine, la République a le plus de chance de prospérer dans les années à venir. Rarement les conditions d’une évolution n’ont paru aussi favorables. Les élus corses auraient tort de bouder le moment”. Torna, come una maledizione, il rischio, presente nelle forze autonomiste e indipendentiste corse, delle divisioni e degli scontri interni. L’ideale per il “divide et impera” degli Stati e delle forze politiche di destra e di sinistra con visioni giacobine.