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11 ott 2023

L’Europa senza guerre

di Luciano Caveri

Singolare vedere il mondo da Bruxelles, città dove ho maturato la mia esperienza europeista grazie alla chance di essere finito a suo tempo al Parlamento europeo e alla lunga militanza ancora in corso nel Comitato delle Regioni. È stato un insieme di casualità, più geografiche che politiche, a far scegliere la Capitale del Belgio quale centro delle principali Istituzioni europee. In fondo questa scelta di avere qui l’Unione europea, come si chiama oggi, ha fatto da collante ad un Paese che contiene due popoli, fiamminghi e valloni, che forse non sarebbero rimasti assieme senza questa occasione comunitaria. L’hanno per altro risolta con un Paese federalista che consente di convivere e Bruxelles è diventato un crocevia di funzionari e politici, che ha seguito il progressivo allargamento dell’Europa con la sola eccezione della Brexit, che i cittadini del Regno Unito si rimangerebbero, se potessero farlo. Mala tempora currunt in questo pezzo di Storia che scorre in parallelo con la nostra vita quotidiana. La violenza terribile scorre nel sangue versato nella guerra in Ucraina e nell’aggressione cui è stata sottoposta Israele, ma tamburi di guerra li sentiamo ai confini fra Serbia e Kossovo. Migliaia di km, cioè non tanti, ci separano da questi luoghi e basta scorrere l’elenco di guerre nel resto del mondo per capire quanto noi esseri umani siamo ancora imbevuti di incapacità profonda di risolvere i problemi senza farci reciprocamente del male. Con buona pace dei pacifisti, quelli con candore e quelli che non lo hanno. Purtroppo chi guarda al mondo con le lenti rosa lascia anche spazio a chi è senza scrupoli. Di quelli non in buona fede ne vediamo tanti, prima assolvendo la Russia che invade e ora con la comprensione verso Hamas. Vale quanto scriveva Orwell nel 1945: “I pacifisti, in gran parte, sono semplicemente dei filantropi che si oppongono alla vita così com'è, senza andare oltre. Ma esiste una minoranza di intellettuali pacifisti le cui vere, ma inconfessate motivazioni, sono l'odio per la democrazia occidentale e l'ammirazione per il totalitarismo. Tutto sommato, non è difficile ritenere che il pacifismo, così come appare in una parte dell'intellighenzia, sia segretamente ispirato da un'ammirazione per il potere e per la crudeltà”. Ma torno a Bruxelles, da dove scrivo, dopo aver trascorso giornate nei corridoi dei palazzi sede delle Istituzioni e ringrazio di aver avuto l’opportunità di conoscerne i meandri e soprattutto di capire quanto siamo fortunati ad avere Istituzioni comuni che fanno convivere dal secondo dopoguerra popoli che nei periodi precedenti se ne sono fatti di tutti i colori. Le guerre sono state una ciclica e cinica ricorrenza sul suolo del Vecchio Continente e se la democrazia europea che abbiamo forgiato sarà pure imperfetta e da migliorare, resta il fatto che ha garantito per ora la scelta del dialogo e del confronto rispetto alla violenza delle armi. Basta andare a visitare i cimiteri militari di Strasburgo, altra città europeista dove si riunisce il Parlamento europeo in plenaria, per capire di che cosa parlo e ogni capitale europea porta i segni delle antiche ferite, rimarginate nel tempo, da quando si è scelto di convivere pacificamente. Invito sempre i giovani, anche nel loro paese natale, a guardare i monumenti ai caduti. Amo stare a Bruxelles ed osservare le riunioni che si svolgono in questa Babele di traduzioni simultanee. I bar del Parlamento europeo sono luoghi da vedere con questo intrecciarsi di chiacchiere e sorrisi, che fanno bene al cuore, pensando che alle battaglie sanguinose si sono sostituite le discussioni infinite in aula e nelle commissioni con una dialettica spesso colorita ma non pericolosa. Altrove si risolvono o meglio si complicano i dissidi con la violenza delle armi.