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27 ott 2023

Troppo facile dire “Pace”

di Luciano Caveri

Credo che sia capitato a tutti, durante una funzione religiosa, di essere in imbarazzo quando l’officiante dice: “Scambiatevi un segno di pace”, se vi trovate a fianco di qualcuno che - per valide ragioni - non sopportate e vi trovate a stringere la sua con un sorriso di circostanza. L’immagine credo che sia la fotografia del rischio ipocrisia sul tema ben più grande e come non mai attuale con scenari di guerra vividi del tema “Pace”. Vedo i “pacifinti” (neologismo suggestivo) in certe piazze italiane che invocano la Pace, inneggiando alla morte degli israeliani, brandendo bandiere palestinesi nel nome impronunciabile di Hamas. In Francia in manifestazioni arabe si grida “Allah Akbar” e il senso del suo utilizzo è da ricercare nell’affermazione "Allah è il più grande" con quell’uso politico della religione i cui orrori sono tangibili nelle teocrazie afgana o iraniana, ma pure nella deriva turca. L’umanità dimostra ipocrisia nelle invocazioni di Pace e poi la dose di violenza e conflittualità sale di grado dall’assemblea condominiale sino alla minaccia delle bombe atomiche con i dispositivi di comando nella valigetta di un tipetto fuori controllo come Putin e con le follie belliche di un Kim Jong-un, che affama il suo popolo. Allora sia chiaro che il pacifismo ideologico e di facciata, usato da chi lo usa in modo spregiudicato, diventa un pericolo per la democrazia e stupisce che ci sia una parte significativa della Sinistra che ormai ha perso la trebisonda in analogia con l’equivalente a Destra. Già la democrazia, metodo di governo pieno di difetti e di manchevolezze, che diventa alla fin dei conti il punto di caduta di molte discussioni attuali. Non ci si rende conto, nella mente di chi predica pace in modo strumentale, che certi appelli alla Pace finiscono per essere a vantaggio dei troppi “cattivi”, dittatori e terroristi, che in questi tempi stanno facendo sistema, come fosse una ragnatela intrisa di disvalori e violenze? Forse il pacifismo che rallentò le democrazie nella reazione contro l’espansionismo nazista non è stata una lezione? Come diavolo si fa ad avere dubbi sull’aiuto militare agli ucraini minacciati da una Russia che, con effetto domino, non vede l’ora di riconquistare Paesi liberati dal comunismo (pudicamente definito socialismo reale…)? Da dove viene questa tolleranza per neofascisti e neonazisti che si esibiscono nel nome grottesco della libertà di manifestazione delle proprie idee, quella libertà che non vedono l’ora di abolire? Come mai nel nome del business accettiamo supinamente che la Cina perseguiti le proprie minoranze e soffochi nelle galere le richieste della popolazione di Hong Kong? Allora più che alle manifestazioni di piazza stucchevoli se non ipocrite credo che sia il momento per riflettere sulla democrazia e l’assalto che subisce per colpe nostre e dei suoi nemici. Dei nemici ho già in parte detto nelle domande retoriche appena fatte e di sicuro l’elenco è incompleto e ognuno potrebbe aggiungere quanto ho dimenticato in quegli equilibri del politicamente corretto cui ci siamo assuefatti pure supinamente con scemenze tipo la cancel culture, che vorrebbe riscrivere la Storia. Invece sulle responsabilità nostre esiste un’evidenza che pare essere un’inezia: il voto, espressione massima di partecipazione, non è più ritenuto utile. Basta scorrere le cifre crescenti dell’astensionismo per capire la situazione e la disaffezione la si vede anche in partiti ridotti al lumicino. Chi non crede nella democrazia è su questo humus che costruisce svolte autoritarie in un mondo dove - lo dicono i dati - a vincere in questo momento sono i regimi autoritari di diversa fatta, che si espandono come la gramigna.