Di questa giovane ventiduenne, Giulia Cecchettin, picchiata e uccisa a coltellate da un ex fidanzato che diceva di amarla, sappiamo ormai tutto. In particolare i contenitori tv e i telegiornali, ma pure i giornali non si sono risparmiati, e - sulla tragedia ancora in corso - sono stati intervistati parenti e amici in ore di trasmissione che cavalcavano l’emotività di un ricerca finita come sappiamo. Come vecchio giornalista so bene che si trattava di una notizia trainante, ma c’è stata una totale mancanza di equilibrio, di deontologia e di tatto, per altro ben sapendo chiunque, dopo poco tempo, che l’epilogo sarebbe stato terribile. Invece sono stati spesi fiumi di parole con il solito triste fil rouge del “bravo ragazzo” diventato assassino e lei, la ragazza, radiografata sin nei risvolti più privati della sua vita. Gli orrori piacciono, le vicende torve incuriosiscono, le mostruosità catturano le aperture dei Tg e le prime pagine. Un voyeurismo che ha le sue ragioni, perché informare è un dovere e lo è la cronaca nera censurata nelle dittature, ma il troppo stroppia quando si guarda dal buco della serratura, si mostrano foto e immagini personali tratte dai social, si intervista chiunque capiti a tiro per cercare scoop improbabili e guadagnare qualche punto di share. Ho già detto che questa esaltazione di fatti che riguardano uccisioni di donne innesca - e lo dicono i numeri - processi imitativi che non sono sanabili a colpi di codice penale. Esiste qualcosa di profondo, al di là della banalità che la follia resta fra noi e non è sparita con la chiusura dei manicomi mai sostituiti da servizi efficaci e civili. Mi riferisco alla presenza crescente di uomini che perdono la ragione e questo fenomeno va indagato in profondità. Provo un dolore profondo nel pensare a queste donne dalla vita spezzata e a leggere che la giovane laureanda uccisa subiva da tempo angherie e minacce, avvolte dall’ambigua carta regalo come alibi del grande amore. Questo ennesimo espiatorio ci porta a chiederci se questi parenti affranti e gli amici partecipi post mortem non avessero qualcosa da dire prima! I genitori del ragazzo parimenti non avevano visto in questo suo amore malato, nel carattere ombroso ora descritto un seme di una malattia evidente che forse poteva essere curata? So quanto sia facile fare certi ragionamenti ex post, ma il numero crescente di delitti ci interroga tutti e, passato anche questo delitto in attesa di nuove vicende sanguinarie, è ora di mobilitarci ancora di più - e senza divisioni ideologiche - su quali alert mettere in campo nella quotidianità. Per evitare il triste rosario di morte per violenze che fanno orrore e di fronte alla quali ci si sente tristemente impotenti. Ha detto lo psichiatra Paolo Crepet: "Dietro a ogni assassino c’è spesso una donna, sua madre. Un uomo che disprezza le donne è stato mal educato nella relazione con l’altro sesso dalla propria famiglia. Il contesto di provenienza è quello in cui si crede che se la donna viene trattata male, è giusto. Non si comincia a essere assassini il giorno in cui si compie il delitto, qualcosa c’è già dietro. Sono certo che se avessi modo di parlare con le ex di un giovane killer, troverei spunti di aggressività in tante altre storie". Il suo collega Umberto Galimberti sostiene: “Gli attacchi alle donne sono spesso atroci perché gli uomini vogliono cancellare qualcosa che sentono non appartenergli più, che non comprendono e ritengono un pericolo. Contro la violenza di genere bisogna educare fin dall’asilo a passare dalla fase pulsionale, naturale e senza linguaggio, a quella sentimentale”. Bisogna - questa la tesi - capire di più le donne e i loro sentimenti ed è - giusto ammetterlo - un percorso difficile per noi uomini e io stesso nella vita ho dovuto migliorarmi su questo terreno. Sia chiaro, però che chi uccide o compie atti violenti, con buona pace degli avvocati difensori che spesso riversano fiotti di veleni, non potrà mai accampare neppure una briciola di giustificazione.