Si avvicina l’11 dicembre, Giornata internazionale della Montagna, che festeggio - da politico o giornalista a seconda del momento - nel ricordo dell’Anno Internazionale delle Montagne 2002 sin da quando fui Presidente del Comitato italiano. Negli ultimi due anni, con diverse personalità, ho organizzato serate di avvicinamento. Tornando indietro nel tempo, ricordo invece una bella pubblicazione sulle Montagne del Mondo, che all’epoca curammo e ritrovo nella introduzione che scrissi dei miei pensieri, che mostrano una certa visione, pensando che risalgono a vent’anni fa. Scrivevo: “Con l'eccezione della Svizzera e con l'indeterminatezza dell'apertura dell'Unione all'Est europeo, le principali montagne dell'Europa sono già nell'attuale configurazione istituzionale europea e la nostra impressione è che spetti ormai a Bruxelles e Strasburgo fissare alcuni elementi, tra i quali la classificazione e l'eccezione rispetto ai montanti di sostegni pubblici, che consentano di avere una politica europea per la montagna. E spettano anche all'Europa quelle scelte strategiche volte ad impedire che le zone di montagna diventino un luogo di eccessivo transito di mezzi pesanti che trasportano le merci, con una riflessione rispetto a questo ruolo di terra di transito anche per le direttrici ferroviarie”. Poi ci fu l’allargamento e oggi l’Unione europea ha più montagne di quanto ce ne fossero al tempo! Scrivevo più avanti, quando - ci tengo a segnalarlo - certe tecnologie muovevano i primi passi: “Penso ad Internet come esemplificazione di nuove opportunita che diano alla montagna più chances per ovviare a quelle solitudini innescate da certi modelli esterni, politici e culturali, spesso imposti alla montagna. E non preoccupiamoci del mito della globalizzazione come distruzione di ogni specificità. Anzi, è assai probabile che il futuro delle Euroregioni consenta alla montagna di assumere quel ruolo di cerniera che le è proprio e di finirla con la triste considerazione di essere il luogo più distante e marginale rispetto agli Stati nazionali così come erano concepiti in passato. Penso, perché è il mio Paese d'appartenenza, allo sforzo che le comunità locali stanno facendo nell'Espace Mont Blanc, la cui altimetria resta una straordinaria ricchezza per l'Europa, così come - e ciò è valido per tutte le montagne - il patrimonio di paesaggi, architetture, monumenti, persone” A quel tempo erano in corso i tentativi di scrivere dei territori della montagna nei Trattati europei, quanto poi concretizzatosi nell’articolo 174, ma già la speranza era viva: ”Questa politica europea non potrà, ovviamente, essere chiusa in se stessa, ma dovrà essere inserita in una Internazionale della montagna che inquadri con esattezza temi planetari quali la protezione dell'ambiente, la tutela della biodiversità, la cooperazione con i Paesi in via di sviluppo, una politica cioé che dia alle zone di montagna quel quadro di pace indispensabile per qualunque passo avanti. Decisivo è anche il privilegio di poter adoperare oggi, in molte delle zone montane extraeuropee, quel patrimonio di conoscenze - errori compresi - accumulato nell'esperienza delle Alpi”. Già, la pace. Tema di grandissima attualità e chissà che non risulti utile nel 2025 ricordare gli 85 anni da quando gli altoparlanti ad Aosta nell’allora piazza Carlo Alberto (oggi piazza Chanoux) risuonarono queste parole: ”Combattenti di terra, di mare e dell’aria! Camicie nere della rivoluzione e delle legioni! Uomini e donne d’Italia, dell’Impero e del regno di Albania! Ascoltate! L’ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria. L’ora delle decisioni irrevocabili. La dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia». Con questo celebre discorso, pronunciato dal balcone di Palazzo Venezia il 10 giugno 1940, Mussolini rompeva ogni indugio: l’Italia entrava in guerra al fianco dell’alleato nazista e fu, con un fronte sulle nostre montagne, la “pugnalata alle spalle” Già la guerra si combatte e si è sempre combattuta sulle montagne, frontiere fra Paesi. Vengono in mente le battaglie di alta quota fra in India e Pakistan, alle alture del Golan fra Israele e Siria o alle minoranze vittime degli Stati, pensando ai curdi senza Nazione o ai montagnards del Vietnam. Ci sono state guerre vere e proprie in Afganistan, sui Balcani, in Caucaso, in Africa e l’elenco potrebbe essere purtroppo ancora più circostanziato. L’altra sera, nella già citata rassegna preparatoria della giornata clou, con il pubblico presente abbiamo ascoltato la giornalista Laura Silvia Battaglia, che ha lavorato su diversi scenari di guerra, segnalando con grande umanità gli orrori del Paese in cui ha vissuto e si sposò, lo Yemen, vittima di sanguinose lotte tribali. Mentre il mio amico Stefano Torrione ha ricordato la sua ricerca e le straordinarie fotografie sul fronte alpino a Nord-Est della Prima guerra mondiale con luoghi e cimeli che mostrano bene il genius loci. Per non dimenticare orrori passati, che rivediamo nelle immagini terribili della vicina Ucraina e in Israele-Gaza.