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07 dic 2023

La mutazione della Lega

di Luciano Caveri

Quando racconto che la Lega è frutto agli esordi in buona parte dell’Union Valdôtaine, mi guardano in molti straniti con la faccia da punto interrogativo. Eppure il seme venne gettato più o meno 45 anni fa e ne conservo una buona memoria (invecchiare servirà pure a qualcosa). All’epoca il Movimento autonomista - e con lui la Valle d’Aosta intera - fallì nel tentativo, forse realizzabile in quel momento con i giusti contatti, di ottenere una reale forma di tutela per avere - parimenti con quanto avviene per il Parlamento italiano - una circoscrizione elettorale autonoma come garanzia per un eletto al Parlamento europeo in occasione del primo voto a suffragio universale. Invece, la Valle finì - al tempo esattamente come oggi - nell’enorme circoscrizione elettorale Piemonte, Liguria, Lombardia e Valle d’Aosta con un sistema di apparentamento per un partito di minoranza linguistica costruito appositamente con numeri utili solo per l’Alto Adige-SüdTirol. Per cui l’UV - io al tempo iniziavo i miei primi passi da giornalista a Torino, ma poi seguii già ad Aosta la campagna elettorale e il voto -scelse la strada, che in quel primo passaggio alle urne non sortì eletti, di presentarsi con vari gruppi sparsi in tutte le circoscrizioni per cercare di ottenere l’ultimo resto. Fu allora che uno degli esponenti di spicco dell’Union arruolò in lista Umberto Bossi che con la sua Lega Lombarda iniziò la scalata che conosciamo. I primi eletti in Parlamento nel 1987 furono lo stesso leader al Senato (da cui la celebre definizione Senatùr) e alla Camera condivisi l’ufficio al Gruppo Misto con Giuseppe Leoni con cui instaurai un’amicizia. Allora la Lega “ricopiava” gli autonomisti valdostani sul terreno del federalismo e aveva nel Nord (divenne, infatti, Lega Nord) l’epicentro del suo elettorato con mire secessioniste e slogan contro l’Italia talvolta al limite dell’ingenuità. Partecipai a qualche loro congresso e il fatto solo di essere valdostano fruttava grandi acclamazioni. I leghisti hanno avuto negli anni Novanta, al di là di un certo movimentismo con oscillazioni da una parte e dall’altra, un ruolo storico: erano stati i soli - con noi valdostani e qualche associazione europeista - a predicare il federalismo e con oggettività è su quella spinta che il centrosinistra, come risposta più tattico-strategica che per motivi ideali (tranne rari casi), varò la riforma pseudo-federalista della Costituzione del 2001, rimasta nel cassetto in buona parte. Quasi umoristico il no allora della Lega alla autonomia differenziata di cui all’articolo 116 della Costituzione, oggi lancia in resta per Regioni ordinarie a trazione leghista, mentre il centrosinistra che ne fu fautore critica quanto esso stesso propose con discorsi da tregenda! Poi la Lega delle origini, pian piano, cominciò a cambiare pelle e lo stesso Bossi assunse atteggiamenti protervi e ruppe anche il tabù delle origini, quando aveva scelto non schierare il leghismo in Valle d’Aosta per quel primigenio cordone ombelicale tagliato non appena le sirene romane avevano cambiato il Senatùr o forse ne avevano mostrato il vero volto. Degli scandali finanziari della Lega tutti sappiamo, così come della leadership di Matteo Salvini, che abbandonando le logiche di partito territoriale e abiurando il federalismo oggi si pone alla destra estrema dello schieramento politico. Lo si è visto a Firenze nelle ultime ore con questo incontro con i peggiori ceffi del sovranismo e dell’antieuropeismo europeo. Una compagnia di giro che lascia attoniti, pensando al leghismo delle origini. Credo che sia un caso di studio per i politologi di come si possa cambiare posizione con una inversione ad U, tutta elettoralistica e ormai, su certi terreni, persino più estremista di Fratelli d’Italia, che è tutto dire… Cambiare idea è sempre possibile, ma in questo caso la scelta è stata di un cambio molto drastico, che pesa in Italia e pure in Europa, vedendo queste nuove e a tratti sorprendenti ”amicizie”. Legami e rottura con le radici originarie che forse imbarazzano certi Presidenti di Regione leghisti e magari persino dei Ministri che tacciono per timore del Capitano..