Ne parleremo lunedì mattina al Forte di Bard in occasione della Giornata Internazionale della Montagna, ma intanto ci ragiono. Come sarà la Valle d’Aosta nel 2050? Capisco che la data fa impressione, specie a chi come me si appresta al 65esimo compleanno. Eppure le circostanze - pensiamo solo al cambiamento climatico, al gelo demografico, alla rivoluzione digitale - ci obbligano ora e non domani a pensare a quello che sarà con raziocinio e non con emotività. In questi giorni, per capire come gli aspetti previsionali siano una buona pratica, al Comitato delle Regioni a Bruxelles, come in tutte le Istituzioni europee, si è cominciato a discutere della nuova programmazione della politica di coesione dopo il 2027. So bene che fra le previsioni e la realtà possono sempre mettersi di mezzo, com’è avvenuto in questi tempi,una pandemia e le guerre in corso, ma questo non significa affatto non fare oggi quanto potrà comunque risultare utile per un domani migliore. Ho citato, come esempio e a quello ci possiamo attenere, tre temi che obbligano a capacità predittive. Che il cambiamento climatico agisca lo hanno capito tutti e che aumenti la temperatura del pianeta è una constatazione. Ci si può fasciare la testa o si può agire su certi meccanismi e comportamenti, ma nel caso valdostano bisogna anche capire come sarà il nostro territorio senza ghiacciai e studiarne per reagire le conseguenze senza isterismi. Nel 2050 ci saranno cambiamenti già oggi legittimamente prevedibili, cui bisogna prepararsi nel nome di quella parolina, che è “adattamento”. Idem la questione del crollo delle nascite e dei vecchi sempre più vecchi che crescono di numero (fra i quali spero ci sia il sottoscritto non rimbambito). Possiamo stracciarci le vesti per quello che sarà - e dati scientifici ne abbiamo a iosa - oppure vedere se si riesce e come a far risalire il tasso di fertilità e bisogna riflettere, senza drammatizzazione, su di una immigrazione intelligente e non casuale. La digitalizzazione è un altro scenario con storie che vanno cavalcate, conoscendone i rischi, come un Web sempre più presente, utile o inutile che sia, nei suoi diversi aspetti e tecnologie che tra 25 anni saranno nelle vite di tutti con il Metaverso e l’Intelligenza artificiale con cui fare i conti. Per chi ami la Valle d’Aosta c’è poi un tema capitale. Cosa ne sarà della nostra Autonomia? La democrazia partecipativa è in crisi e questo si rifletterà su di noi. La globalizzazione ucciderà le identità più piccole o le piccole comunità sapranno resistere? Cosa ne sarà dei Comuni più piccoli che rischiano una sorta di eutanasia per svuotamento? Cosa fare per convincere chi oggi vive nella totale indifferenza alla politica, come se fosse una questione estranea alle scelte future? Rischiamo oggi di distrarci da scelte strategiche decisive, così assorbiti come siamo dalle questioni contingenti, dalle urgenze quotidiane, da polemiche che riviste nel tempo risulteranno ridicole di fronte alle sfide che abbiamo da affrontare. Ecco perché, molto umilmente e senza alcuna presunzione, penso che dovremmo essere pronti a fare scelte che esulano apparentemente dall’oggi, dalla vita corrente, guardando all’orizzonte non come a qualcosa di distante per i nostri anni, perché non lo è affatto se si pensa con senso di responsabilità a chi verrà. Nel seguire con affetto le rievocazioni della Dichiarazione di Chivasso, che ho sempre celebrato, anche senza anniversari, per la sua visione sulla situazione e sulle prospettive dei popoli alpini in uno dei momenti più bui della Storia, ho pensato di come sia più facile guardare al passato che pensare al futuro, quanto invece gli autori di quella Carta fecero con lungimiranza.