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23 dic 2023

Il do ut des sudtirolese

di Luciano Caveri

Anche a Bolzano di questi tempi si discute di schieramenti politici, dopo le elezioni provinciali. La SVP ha deciso di restare a destra, ma allargando la maggioranza - oggi con la Lega - anche a Fratelli d’Italia, eredi di quel Movimento Sociale che aborriva la minoranza di lingua tedesca nel nome dell’italianità. La novità rispetto al passato sta nel fatto che il partito di raccolta di Bozen ha perso la maggioranza che consentiva una logica quasi da monocolore, imbarcando un assessore di lingua italiana senza reale potere negoziale. E da parte della destra più a destra la scelta di diventare governativi alletta e invita al do tu des, facendo abiurare il passato di scontro con la minoranza di lingua tedesca. Ora, in attesa che nasca il Governo, il Presidente in pectore Arno Kompatscher si occupa di trovare una chiave politica per reagire alle molte fronde interne per questa sua sterzata così a destra. Si era in effetti già preparato prima delle elezioni, coinvolgendo tutte le Speciali, compresa la nostra, in un percorso di revisione degli Statuti assolutamente migliorativo con il principio dell’intesa sulle modifiche statutarie e con antidoti a quelle sentenze della Corte Costituzionale che nel tempo hanno ridotto lo spazio alle autonomie speciali. Anche la Valle ha lavorato su questo e tutte, tranne la Sicilia, avevano lavorato su propri testi, a seconda dei rispettivi ordinamenti. Ora l’impressione è che i sudtirolesi, tirandosi dietro come sempre i cugini trentini, stiano avanzando da soli e questa sarebbe una scelta sbagliata e romperebbe un’alleanza necessaria tra Speciali e sarebbe un comportamento miope, se così fosse, anche da parte dello Stato che creerebbe di fatto figli e figliastri. Capisco come Bolzano possa vantare un vantaggio enorme, di cui godono d’accatto anche i trentini, vale a dire la garanzia internazionale dell’Austria, che li pone in una situazione ben più semplice di noi valdostani, che dobbiamo contare su noi stessi senza autorevoli avvocati difensori. Ma sarebbe assurdo che non ci fosse la consapevolezza che agire da “cavalier seul” sarebbe controproducente, dopo che di si era ripetuto che l’unione fa la forza di fronte alla necessità di riformare e migliorare gli Statuti. Per altro i critici dell’alleanza in discussione nel Tirolo del Sud segnalano il rischio non solo di una svendita di ideali autonomisti, ma anche di un doppio gioco di Meloni e dei suoi alleati locali. Un’apertura di credito che potrebbe alla fine dimostrarsi più una manovra furbesca che qualche cosa di reale e di incidente su nuove equilibri statutari. Vedremo se alcuni miei timori saranno dimostrati o se, invece, i sudtirolesi stiano solo sondando un terreno e faranno da spartineve anche agli altri per una stagione di riforme vasta e condivisa. È indubbio, a questo proposito, di come la Meloni oggi abbia in testa un Presidente del Consiglio ad elezione popolare con meccanismi di premi di maggioranza che di fatto riducano da una parte il ruolo del Presidente della Repubblica e dall’altra creino maggioranze bulgare in Parlamento con compressione di spazi per le opposizioni. Un disegno di accentramento su Palazzo Chigi cui dovrebbe aggiungersi una stretta centralista, già visibile a legislazione costituzionale attuale. Apparirebbe dunque una vera acrobazia avanzare con queste riforme e in contemporanea scegliere rafforzare le Speciali e dare spazi alle Regioni Ordinarie con l’autonomia differenziata. Mi pare un quadro piuttosto difficile da capire, conciliando quanto al momento appare difficile da far convivere.