Par di capire che per Natale, e quando potrà per la conferenza stampa del bilancio delle attività 2023, Giorgia Meloni abbia scelto una parola chiave: orgoglio! Si tratta di una parola double face da usare con grande cautela e direi con moderazione. Prendiamo lo Zanichelli: “1 esagerata valutazione dei propri meriti e qualità per cui ci si considera superiori agli altri: essere pieno d'orgoglio; il suo orgoglio è veramente smisurato; peccare d'orgoglio | (est.) alterigia, baldanza: l'orgoglio dei potenti SIN. boria, superbia CONTR. umiltà 2 legittima consapevolezza e giustificata fierezza del propri meriti, delle proprie capacita e sim.: non nascondere il proprio orgoglio| (est.) argomento o ragione di vanto: essere l'orgoglio della patria, della famiglia”. Immagino che Meloni usi la parola prescelta nel secondo significato, che riecheggia spesso nei discorsi mussoliniani e dunque non a caso nella vulgata della estrema destra italiana. Strano che la cattolicissima Meloni non ricordi che l’orgoglio nelle Scritture è ritenuto il padre di tutti i peccati mortali. Ha detto Papa Francesco: “L’atteggiamento più pericoloso di ogni vita cristiana è l’orgoglio”. Invece questo lato devotissimo emerge, quando la leader di Fratelli d’Italia dice che il suo motto preferito, "Dio, patria, famiglia", non è uno slogan ma "il più bel manifesto d'amore". Un manifesto che "attraversa i secoli e affonda le sue radici nel 'pro Aris et Focis' di Cicerone. L''altare e il focolare' che da sempre fondano la civiltà occidentale". Aggiunge, la leader di FdI, di sentirsi "erede di una tradizione, una cultura, un'identità e un'appartenenza". Interessante anche questo maniacale riferimento alla famiglia tradizionale, che nessuno dei grandi leader della destra attuale - tipo Berlusconi, Salvini e la stessa Meloni - ha mai praticato e la contraddizione sembra non sfiorarli quando si rivolgono al loro elettorato, che concorda ma non è detto che pratichi la decantata tradizione. Meloni in formato esportazione cavalca una sua identità dura e pura. “Yo soy Giorgia, soy una mujer, soy una madre, soy cristiana”, ha gridato, infatti, la leader di Fratelli d’Italia nella piazza madrilena del partito nazionalista di estrema destra Vox. Così come quando in una logica antieuropeista sdogana senza più complessi il termine “Nazione” e lo fa nel solco di un nazionalismo che la porta con facilità ad esagerare su di un terreno di retorica patriottarda. Ha scritto Filippo Rossi su Huffpost: “Quella di Meloni è una declinazione caricaturale del patriottismo che, in piena coerenza con qualsiasi destra illiberale, rifiuta con orgoglio i valori (e le regole) della democrazia parlamentare. Quello di Meloni non è patriottismo, è becero nazionalismo estremista. E infatti una politica (parole sue) “senza compromessi” che vuole uscire dal “pantano parlamentare” è, nei fatti, una politica estrema e identitaria che rifiuta i valori fondanti del sentirsi patrioti. Torniamo all’inizio, riavvolgiamo il nastro. Chi è un patriota? È patriota chi dona se stesso a una comunità chiamata patria. Più di una comunità, una famiglia per scelta più grande della famiglia di sangue. Patriottismo è sentirsi “fratelli” (sì, fratelli d’Italia) nonostante le differenze, grazie alle differenze. E allora, se patriottismo è questo, ogni politica urlata, divisoria, totalitaria, ogni politica che ha bisogno di nemici interni diventa una politica per nulla patriottica”. Argomenti su cui riflettere, sapendo che gli italiani ormai cambiano leader come si fa - capisco che non è elegante scriverlo - come si fa, per igiene personale, con le mutande.