Guardo queste immagini dei fascisti (questi non sono neofascisti, son proprio fascisti) schierati militarmente con il braccio teso per il saluto romano (una panzana storica, perché non esiste nessuna prova che i romani si salutassero così) e confesso tutto il mio ribrezzo e anche l’imbarazzo per il silenzio di Giorgia Meloni. Quanto avvenuto a Roma l’ha vista spesso presente per ricordare i delitti di Acca Larentia, la strada del quartiere Tuscolano, dove si trovava la sede del Movimento Sociale Italiano, partito nato davvero dalle ceneri del fascismo. Il 7 gennaio del 1978 in quei luoghi, un commando armato aprì il fuoco contro i giovani militanti del partito uccidendo due studenti, il ventenne Franco Bigonzetti e il diciottenne Francesco Ciavatta. Nella tesissima manifestazione di protesta indetta poco dopo il duplice omicidio, un altro attivista di destra venne ucciso da un colpo di pistola: Stefano Recchioni, che avrebbe compiuto 20 anni solo un paio di settimane dopo. L'attentato venne rivendicato qualche giorno dopo dalla organizzazione terroristica di sinistra 'Nuclei armati per il Contropotere Territoriale'. "Un nucleo armato, dopo un'accurata opera di controinformazione e controllo alla fogna di via Acca Larenzia - cominciava il comunicato -, ha colpito i topi neri nell'esatto momento in cui questi stavano uscendo per compiere l'ennesima azione squadristica. Non si illudano i camerati, la lista è ancora lunga". Le indagini sui responsabili non portarono mai a una condanna. Nel 1987 furono arrestati, e poi prosciolti, cinque militanti di Lotta Continua. L'anno successivo una delle armi utilizzata per l'eccidio, una mitraglietta Skorpion, venne ritrovata in un covo delle Brigate Rosse a Milano. Ricordo bene gli orrori di quegli anni e la catena di uccisioni e violenze e da lì ha acquisito forza il mio pensiero federalista che trova odiosi tutti gli estremismi, che finiscono nel male per assomigliarsi. Pensiamo a quella parte di sinistra estrema filorussa per vecchio riflesso storico. Ogni anno, da quel giorno di 46 anni fa, i militanti di estrema destra si ritrovano ad Acca Larentia per ricordare le giovani vittime. Una sceneggiata grottesca che non ha nulla a che fare con la piena legittimità del ricordo della barbara uccisione, perché indice nella mascherata nera che un nugolo di cretini è fra di noi e che nessuno li punisce per colpa in particolare di una giurisprudenza molle come un fico nell’applicare le leggi che vietano non tanto il saluto fascista in sé, ma qualcosa di più sostanziale. Infatti, come spiegherò, non è per il momento un reato fare un saluto fascista se non c’è - così applicano le norme i giudici - il pericolo di riorganizzazione di un nuovo partito fascista o del perseguimento di finalità antidemocratiche e discriminatorie. Attenzione, però a possibili novità, perché sarà esaminato il prossimo 18 gennaio dalle Sezioni Unite penali della Cassazione proprio il tema relativo al saluto romano effettuato nel corso di una manifestazione pubblica. Dicevo, però, delle leggi: la prima fonte ha rango costituzionale e riguarda in particolare la ricostituzione del disciolto partito fascista. Infatti la disposizione numero 12 delle disposizioni transitorie e finali della Costituzione – che hanno gestito il passaggio all’ordinamento repubblicano – dice che «è vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista». Nel 1952, in applicazione di questa disposizione, venne approvata la cosiddetta “legge Scelba” (n. 645 del 20 giugno 1952) che all’articolo 1 chiarisce che cosa si intende per «riorganizzazione del disciolto partito fascista». Questo si ha, stabilisce la norma, quando «una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, princìpi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista». L’articolo 2 stabilisce le sanzioni penali per chi viene condannato per questo reato, mentre l’articolo 4 norma il reato di «apologia di fascismo», che si ha quando chiunque – al di fuori di quanto previsto dall’articolo 1 – «pubblicamente esalta esponenti, principii, fatti o metodi del fascismo oppure le finalità antidemocratiche proprie del partito fascista». Sembrerebbe dunque che il saluto romano rientri in questa categoria di comportamenti, ma questo non basta per essere perseguiti. La seconda legge a occuparsi, sebbene indirettamente, della punibilità delle esternazioni e delle manifestazioni di stampo fascista è la cosiddetta “legge Mancino” (n. 205 del 25 giugno 1993). Questo provvedimento ha introdotto una serie di norme per contrastare la discriminazione razziale, etnica e religiosa, attuando i principi della convenzione di New York del 1966 contro la discriminazione razziale. Legge che ha l’obiettivo di punire chi diffonde idee basate sull’odio e la superiorità razziale, chi istiga a commettere discriminazioni e chi crea (o partecipa a) organizzazioni che si fondano su questi valori e comportamenti. Dato che in alcune occasioni gli individui e le organizzazioni di stampo fascista propagandano l’odio e la superiorità razziale, i giudici devono decidere quale delle due leggi applicare. Sulla base di questo possibile elemento di incertezza, sono arrivate negli anni alcune sentenze delle varie corti che hanno giudicato in maniera diversa episodi apparentemente simili. Con due sentenze arrivate tra il 1957 e il 1958, la Corte Costituzionale ha escluso che con apologia di fascismo si possa intendere qualsiasi difesa elogiativa di questa ideologia (per esempio, fare il saluto fascista). Al contrario, la Corte ha ritenuto classificabile come apologia di fascismo solamente «una esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista» o quelle manifestazioni che sono idonee a «creare un effettivo pericolo» di riorganizzazione. Proprio per questo motivo esiste in Italia un partito come il “Movimento fascismo e libertà-Partito socialista nazionale” (Mfl-Psn) che, come si legge sul suo sito ufficiale, si definisce «dichiaratamente Fascista». È lo stesso Mfl-Psn a spiegare perché le sue attività non sono perseguibili dalla legge, giustificando il proprio orientamento politico, e la libertà di poterlo manifestare pubblicamente, perché non ha intenzione di «riorganizzare il disciolto Partito fascista». Spetta dunque ai giudici stabilire di volta in volta quali di questi episodi avvengano in violazione delle leggi, ma ci vogliono attività investigative serie all’origine. Resta lo sconcerto politico e persino umano di come diavolo sia possibile che oggi ci siano dei nostalgici di un regime fascista liberticida e assassino. Solo ignoranza e stupidità possono essere le ragioni di certi rimpianti, che vengono - e questo è il peggio - ribaltati in speranze autoritarie sul presente.