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20 gen 2024

Un Dahu per la cooperazione transfrontaliera

di Luciano Caveri

Le montagne sono luoghi di straordinaria bellezza. Ieri, per mia fortuna, ho avuto una riunione sulla cooperazione transfrontaliera fra la mia Valle d’Aosta e l’Haute Savoie. Ho imboccato il traforo del Monte Bianco di mattina, quando il sole illuminava le cime innevate, mentre l’ombra imprigionava ancora il fondovalle. Attraversato il traforo del Monte Bianco, ho trovato una Chamonix fresca di nevicata con i boschi con le piante piene di neve in una gelata affascinante. Due versanti e due diverse situazioni meteorologiche! A me piace sempre incontrare i nostri amici d’Oltralpe e ricordare in queste occasioni la nostra “cuginanza” e la lunga storia comune con la Savoia, che prende un vigore contemporaneo con la cooperazione territoriale che ci arricchisce reciprocamente. Abbiamo territori del tutto analoghi e la frontiera è stata una iattura da cui bisogna riprendersi con vigore. Bello che lo si faccia nel solco dell’integrazione europea, unico vero antidoto contro gli orrori dei nazionalismi e la miopia degli Stati nazionali, quando non capiscono che i confini in certe zone non devono esistere. Ecco perché mi è piaciuto essere al lancio del progetto Dahu, dal nome detto Dahus Rupicapra Vacca Montanus, animale conosciuto principalmente nell’area francofona delle Alpi, conosciuto anche come dahut, daru, darou, dairi e altre varianti dialettali. Esistono due Dahu che, avendo le zampe più corte da un lato o dall’altro, possono soltanto muoversi in tondo verso destra o verso sinistra ma che, con un po’ di fatica, possono sia salire che scendere da una montagna. Nel caso dovessero girarsi per cambiare senso di marcia, rotolerebbero su un lato rischiando la morte. Ovviamente è una creatura inventata e scherzosa e il nome evocativo si applica ad un progetto interessante, che guarda al cambiamento climatico nei millenni non dal punto di vista scientifico, ormai ampiamente coperto, ma dal punto di vista culturale e cioè come le popolazioni attorno al Monte Bianco si siano mosse fin dai tempi più antichi per adeguarsi alle mutazioni in atto, secondo i cicli caldo-freddo e anche l’avanti-indietro dei ghiacciai. E questo in una logica di rete fra diversi soggetti. Lo scopo - leggo nella scheda in francese - è: “Les partners seront engagés dans une série d’activités concernantes la découverte et la valorisation du patrimoine artistique et archéologique lié à la montagne, en lien serré avec les effets des changements climatiques et ses aboutissements sur les paysages culturels et naturels, en mettant en évidence l’esprit d’adaptation de la communauté. Pour ce qui concerne la recherche sur le terrain, on a d’abord découvert trois lieus sur lesquels conduire des études multidisciplinaires, à partir de l’archéologie et jusqu’à la géomorphologie, en passant par l’étude du bȃti historique et par la paléobotanique: la Combe de Villy et le site de Saint-Michel du Lac en Haute-Savoie; le Vallon de Saint Grat à Issime. La création de contenus partagés alimentera le point d’information, qui sera installé à Issime à l’intérieur d’un Rascard dans le Vallon de Saint Grat, qui sera récupéré et revalorisé par la Commune, le Musée Alpin de Chamonix, une exposition temporaire et des contenus didactiques élaborés par le Forte di Bard”. Si può inquadrare questo lavoro in un rapporto sempre più stretto con il Département de l’Haute Savoie con un vero e proprio accordo scritto, che andrà al di là dell’attuale quadro di rapporti con i fondi europei. Analogo documento sarà sottoscritto con il Département de la Savoie. Uno dei punti forti in prospettiva sarà la nascita di un GECT per dare status giuridico, anche con gli svizzeri, all’Espace Mont Blanc. L'Espace Mont-Blanc è un'iniziativa di cooperazione transfrontaliera che riunisce Savoie, Haute-Savoie, Valle d'Aosta e Valais, impegnati nella protezione e valorizzazione di un territorio simbolo, dove l'eccezionale patrimonio naturale e ambientale coabita con attività economiche e turistiche di portata internazionale. Ne seguii la nascita e la ratio fu, stringendo accordi con savoiardi e vallesani, avere un luogo di dialogo anche per contrastare il tentativo goffo dello Stato italiano - che personalmente sventai da deputato valdostano - di inserire nella legge quadro sui Parchi del 1990 un Parco nazionale del Monte Bianco senza alcun accordo con la Valle d’Aosta su di una cartina a scala enorme, presentata in Commissione, che neppure faceva capire gli eventuali confini! Il GECT, come strumento utile anche in questo caso, nasce nel 2006 e sono gruppi europei di cooperazione territoriale (GECT) creati per favorire la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale tra gli Stati membri o le loro autorità regionali e locali. I GECT consentono ai partner di attuare progetti comuni, condividere conoscenze e migliorare il coordinamento della pianificazione territoriale. Un vestito adatto per il futuro dell’area del Monte Bianco e della sua popolazione, tassello in più rispetto a quanto ho descritto.