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03 feb 2024

Il gioco del silenzio

di Luciano Caveri

Penso che dovrebbe essere rivalutato il vecchio gioco del silenzio, fantastica invenzione di non so chi per convincere i bambini a mettere volontariamente fine al loro vociare. Ora, va ammesso che poi nulla si svolge in un clima ovattato, perché faceva parte del gioco mettere in opera qualunque diavoleria - pur stando zitti - per far cedere gli avversari e far loro proferir parola. Eppure questa storia del silenzio andrebbe presa in considerazione e sgombro il campo dal suo uso negativo, come il cosiddetto silenzio punitivo che avvelena le relazioni. Capita ogni tanto in certi luoghi - e per un valdostano il luogo di elezione può essere l’alta montagna o la nevicata che tutto trasforma in quiete - di rendersi conto, invece, di averne bisogno, come un ristoro rispetto al chiasso in cui siamo troppo spesso immersi. Viene in mente una poesia di Federico Garcia Lorca sul silenzio, che così recita: Ascolta...il silenzio./ E' un silenzio/ ondulato,/ un silenzio,/ dove scivolano valli ed echi/ e che inclina/ le fronti/ al suolo. Già in fondo il silenzio, salvifico contro il troppo parlare e i troppi rumori, è assieme un’oasi e in qualche modo un segnale. Mi capita che il mio orologio digitale, che ha sue competenze acquisite, mi avverta del troppo fracasso e delle sue possibili conseguenze e devo andare a cercare come sfuggire ai rischi e il silenzio diventa un riparo. Ma i silenzi sono molteplici e lo racconta bene Edgard Lee Masters: Ho conosciuto il silenzio delle stelle e del mare/ e il silenzio della città quando si placa/ e il silenzio di un uomo e di una vergine / e il silenzio con cui soltanto la musica trova linguaggio/ il silenzio dei boschi/ prima che sorga il vento di primavera/ e il silenzio dei malati/ quando girano gli occhi per la stanza e chiedo:/ Per le cose profonde a che serve il linguaggio?/Un animale dei campi geme uno o due volte/ quando la morte coglie i suoi piccoli/ noi siamo senza voce di fronte alla realtà
noi non sappiamo parlare/ Un ragazzo curioso domanda a un vecchio soldato seduto davanti alla drogheria:/ Dove hai perduto la gamba?/ E il vecchio soldato è colpito di silenzio e poi gli dice:/ Me l’ha mangiata un orso/ e il ragazzo stupisce/ mentre il vecchio soldato muto rivive come un sogno/ le vampe dei fucili/ il tuono del cannone/ le grida dei colpiti a morte/ e se stesso disteso al suolo/ i chirurghi dell’ospedale/ i ferri/ i lunghi giorni di letto/ ma se sapesse descrivere ogni cosa/ sarebbe un artista/ ma se fosse un artista/ vi sarebbero più profonde ferite che non saprebbe descrivere/ C’è il silenzio di un grande odio/ e il silenzio di un grande amore/ e il silenzio di una profonda pace dell’anima/ c’è il silenzio degli dei che si capiscono senza linguaggio/ c’è il silenzio della sconfitta/ e il silenzio di coloro che sono ingiustamente puniti/
e il silenzio del morente la cui mano stringe subitamente la vostra/ c’è il silenzio che interviene tra il marito e la moglie/ c’è il silenzio dei falliti/ il vasto silenzio che copre le nazioni disfatte e i condottieri vinti/ c’è il silenzio di Lincoln che pensa alla povertà della sua giovinezza/ e il silenzio di Napoleone dopo Waterloo/ ,e il silenzio di Giovanna D’Arco/ che dice fra le fiamme Gesù benedetto/ e c’è il silenzio dei morti./ Se noi che siamo vivi non sappiamo parlare di profonde esperienze/ perché vi stupite che i morti non vi parlino della morte?/ Il loro silenzio avrà spiegazioni quando li avremo raggiunti.

Certo non allegrone. Al momento preferisco il silenzio dei vivi, quando ha l’aspetto placido di una sosta, per pensare, magari distanti dall’ipnotismo della Rete.