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14 feb 2024

Le polemiche sanremesi

di Luciano Caveri

Prendiamo come inizio il tema alla leggera, come è la musica…leggera: anche se in troppi fra i cantanti si danno aria da intellettuali politicamente impegnati, che fa figo. Vale la spesa di esordire con una frase di Aldo Grasso: “Sanremo tira fuori il sociologo che alberga in noi e le spiegazioni ex post fioriscono come i fiori della Riviera”.

Vorrei - con massima umiltà e senza intaccare la grande messa cantata annuale nella Riviera di Ponente - tornare, a bocce ferme, sul Festival di Sanremo e certi strascichi politici anche in altre trasmissioni. Parto da un presupposto: Sanremo alla fine viene avvolto da elementi socialpolitici per fare un polpettone che sia una risposta attraente rispetto ai propri gusti e perciò si esce dal seminato del ”sono solo canzonette”.

Operazione giusta per la folla immensa di telespettatori che si raggiungono, che obbligherebbe, però, a trattare i temi con circospezione ed equidistanza. L’idea che siano cantanti a farlo (tipo Ghali o Dargen D’Amico) lascia perplessi per il loro background che mi pare non abbia lo spessore necessario, conoscendo il tema enorme che hanno affrontato e cioè quanto sta avvenendo nella striscia di Gaza e quanto prima avvenuto in Israele. Sarebbe ora di piantarla di fare certe pantomime e di alimentare polemiche e commenti: la geopolitica è argomento serio e quando se ne parla bisogna mostrare le diverse posizioni, come da obbligo della RAI, servizio pubblico, cui spetta la capacità di far sentire tutte le campane e far parlare chi le questioni le conosce.

Analogamente fa venire il latte ai gomiti la supposta attitudine antimeridionale che sarebbe stata innescata per il successo nella serata cover di Geolier, pseudonimo di Emanuele Palumbo, rapper che canta napoletano (piace molto a mio figlio più piccola, che pure immagino che non capisca il vernacolo). È stato infine sconfitto nella finalissima da Angelina Mango, figlia d’arte (lucana e dunque indubitabilmente anche lei del Sud).

Il pubblico di Sanremo, anche con qualche fischio e qualche barbottio, mi pare che - come capita sempre nello spettacolo e anche nello sport e pure in politica con altra platee - abbia espresso un giudizio qualitativo sulla canzone e questo è del tutto legittimo e sono certo che la platea sanremese non era di certo lì a sindacare sulle origini degli uni e degli altri. A me, al di là del razzismo che non vedo se non in commenti sui Social dei soliti cretini odiatori, pare che il tema sia un altro e cioè l’opacità del televoto in un Paese in cui i furbi trovano subito i mezzi per cavarsela a proprio vantaggio. Temo che su questo ci saranno brutte sorprese in un’Italia dove tutto finisce in Magistratura e personalmente ne ho abbastanza di questa logica giudiziaria che tutto avvolge. Sullo sfondo esiste un giudizio più generale su perché Sanremo faccia i clamorosi ascolti che fa, ammesso che poi i criteri di determinazione dell’audience non siano anch’essi dubbiosi. Certo ne esce rafforzata la TV generalista, altrimenti in crisi nera e ne esce confermato il fatto che su Sanremo si sviluppa la logica nostalgica, compiaciuta di certo immobilismo rassicurante, un embrassons-nous apparente fra generazioni che temo scompaia nella notte fonda con gli ultimi fuochi dello spettacolo sanremese. Spenta la TV torna la Torre di Babele e certo nazionalismo compiaciuto all’italiana svapora nelle solite polemiche pretestuose e nel ridicolo del segnale dell’Eurovisione. Ma chi guarda Sanremo in Europa? Nessuno.

The Economist scrisse anni fa e facciamocene una ragione tutti, me compreso: “Non si capisce proprio perché gli italiani sono così pazzi di un festival che sta al confine con la Francia. (…) I contendenti sono per la maggior parte giovani speranze più alcune vecchie glorie al crepuscolo della carriera. La vera attrazione del Festival è la nostalgia. Sanremo ricorda alla gente la felicità e la spensieratezza di un’Italia che non c’è più e, in giorni di onnipresenti rap importati e rock che pulsano nei locali, molti italiani lo trovano rassicurante. E’ l’annuale ritorno all’innocenza infantile”.

Un ciuccio con il miele.