Benedetto Croce diceva che i proverbi sono “il documento parlato del buon senso” e Alessandro Manzoni, a sua volta, sosteneva che ”sono la sapienza del genere umano”. Che cosa siano lo sappiamo tutti e lo ricordo con la Treccani: “provèrbio (dal lat. proverbium, der. di verbum «parola») Breve motto, di larga diffusione e antica tradizione, che esprime, in forma stringata e incisiva, un pensiero o, più spesso, una norma desunti dall’esperienza. E si ricorda, per coglierne la profondità, il ”Liber proverbiorum” titolo di uno dei libri dell’Antico Testamento, costituito di più parti e contenente varî insegnamenti e sentenze di carattere religioso, morale e anche pratico”.
A me capita di adoperarne anche di vintage (con qualche spruzzata di latinorum) e sono spesso eredità di tutti i miei parenti, ognuno dei quali aveva i suoi e me li ha lasciati in eredità con un legame che li evoca in me e penso che il concatenamento proseguirà con i miei figli. Ci penso ogni tanto, quando ricordo certi nemici interni che la Valle d’Aosta ha e che sono spesso peggio di quegli avversari che abbiamo all’esterno. Un paradosso che constato ormai da una vita e l’aspetto che va aggiunto deriva dalla triste constatazione che fanno anche gruppo fra di loro. C’è quel proverbio che dice: ”Allevare una serpe in seno”, che evoca bene chi si rivela ingrato o addirittura pericoloso. Si lega a quella storia popolare che narra di un uomo che trovò in una sera d’inverno una vipera assiderata e per scaldarla la portò in petto, ma questa per tutta risposta lo morse. Efficace nella semplicità della descrizione.
Oppure l’altrettanti efficace: ”Dagli amici mi guardi Iddio, che dai nemici mi guardo io”. Facile, no? Mentre da coloro che consideriamo nemici ci si può aspettare di ricevere delle cattiverie, dalle persone che dovrebbero essere vicine solitamente non ci si aspetta del male. Essendo questa una situazione così negativa è consigliato affidarsi a Dio. Questo perché c’è chi considera la differenza di idee non come un punto di partenza di un confronto alla ricerca di elementi di comprensione reciproca, ma come ostacolo insormontabile e rigido su cui issarsi a costo o con l’intenzione di far del male alla comunità cui si appartiene. C’è un bel proverbio citato e tradotto sul sito del patois valdostano che così recita: “L'y at ni pro fen ni pro paille, pe toppé la botse i canaille (Il n'y a ni assez de foin ni assez de paille pour fermer la bouche aux canailles; Non c'è abbastanza paglia né abbastanza fieno per tappare la bocca alle canaglie).
Attenzione, non vorrei usare il paraocchi, perché so bene che usare i proverbi può avere i suoi pro e i suoi contro. Sul sito ilmiolibro fa molto sorridere una sorta di giochino dei contrari, tipo: Chi ha tempo non aspetti tempo, ma La fretta è una cattiva consigliera;
Chi fa da sé fa per tre, ma L'unione fa la forza;
Il mondo è bello perché è vario, ma Tutto il mondo è paese;
Chi la dura, la vince, ma Chi litiga col muro, si rompe la testa;
Finché c’è vita, c’è speranza, ma Chi vive sperando, muore disperato;
Chi va piano va sano e va lontano, ma Chi tardi arriva male alloggia.
Insomma, fatto salvo l’ammonimento su chi da dentro ha un ruolo negativo e persino pericoloso e anche in queste ore abbiamo avuto conferme, resta il vantaggio dell’aspetto polimorfo dei proverbi!