Confesso che non sto seguendo le scelte che in Valle d’Aosta si stanno facendo attorno alle prossime elezioni europee. Mi limito a dire che, comunque sia, la legge elettorale in vigore è vessatoria per i valdostani, annegati come sono nell’enorme circoscrizione Nord-Ovest, una sorta di macroregione che giocoforza umilia le giuste ambizioni di una ragionevole rappresentanza valdostana al Parlamento europeo.
Per due volte l’Union Valdôtaine ha sfiorato, almeno per una parte della legislatura, la possibilità di avere un rappresentante a Bruxelles, quando vennero eletti prima nel 1984 e poi nel 1999 due sardisti, Michele Columbu e Mario Melis, che per diverse ragioni non fecero la prevista rotazione, che sarebbe andata nel primo caso ad Alexis Betemps e nel secondo caso a me.
Poi – statuito a livello nazionale lo sbarramento del 4% - questa strada della lista nazionale alla ricerca di conquistare l’ultimo resto venne preclusa e si avviò l’esperienza dell’apparentamento con forze nazionali, andata sempre male, con la sola eccezione – con la mia elezione al Parlamento europeo per una serie di felici combinazioni – nel 1999, quando subentrai nella lista dei Democratici, apparentata allora con l’UV. La mia elezione avvenne per la buona posizione nelle preferenze unificate (28700 su 40970 voti per la lista Federalismo), che mi pose al terzo posto dopo Massimo Cacciari (che mi cedette il seggio un anno dopo) e Antonio Di Pietro.
Perché dicevo di un meccanismo punitivo per i valdostani? Perché, in assenza di una circoscrizione uninominale come per il Parlamento italiano, la sola strada ormai è l’apparentamento, ma con necessità per un candidato della minoranza di avere almeno 50mila preferenze, che garantiscono la sostituzione dell’ultimo eletto della lista nazionale con cui ci si apparenta, a condizione beninteso che questa stessa lista abbia almeno un eletto! Meccanismo che in teoria sarebbe valido per valdostani, sloveni e sudtirolesi, ma quella asticella di 50mila preferenze nasce con le prime elezioni a suffragio universale del Parlamento europeo esclusivamente a tutela della SVP del Tirolo del Sud, mentre suona come una beffa per gli altri, noi compresi perché la cifra da raggiungere è…irraggiungibile.
Ogni tentativo, anche mio alla Camera dei deputati e dello stesso Consiglio Valle con proposte di legge inviate in Parlamento, di modificare in qualche modo la legislazione in vigore è fallito, malgrado i Governi nazionali di diverso colore avessero dato rassicurazioni, dimostratesi ogni volta fasulle. Cattiva volontà dimostrata, anni fa, quando ero fuori da cariche elettive, anche con lo scippo del posto titolare al Comitato delle Regioni e per questo oggi io sono supplente con tutta una serie di limitazioni davvero inique. E pensare che in passato ero addirittura stato a capo della Delegazione italiana di questa assemblea! Nel 2025, quando scadrà la Legislatura del CdR, bisognerà anche su questo battere i pugni sul tavolo.
E’ un peccato che i valdostani debbano vivere queste situazioni appena descritte, che sembrano non essere niente affatto coerenti con la logica di una Regione a Statuto speciale in barba ai principi di sussidiarietà di cui si fa spesso interprete l’Unione europea.
Per altro si vede bene come le prossime elezioni europee rischino in Italia di essere considerate, anche a causa del sistema proporzionale, un semplice test per le elezioni politiche, il che è veramente misero. Così come in Valle, almeno questa è in parte l’impressione, alcuni si muovano in vista delle elezioni regionali e non tanto per lasciare un segno sulle Europee anche in considerazione delle chances di cui ho detto.
Queste vicende si accompagnano in parallelo con un sorta di paradosso: l’Europa conta sempre di più, ma a questa importanza crescente sembra non corrispondere quel necessario spirito europeista che non dovrebbe essere solo esercizio retorico. La posta in gioco così importante prevederebbe, invece, conoscenza e consapevolezza del ruolo storico, vero e concreto dell’integrazione europea.