Come si fa a non partire dal celebre motto ”divide et impera”, che è un modo di dire sempre adatto e istruttivo per evocare i rischi che comporta l’essere divisi, specie per i più piccoli, come può essere considerata la Valle d’Aosta per la sua taglia.
Espressione in latino (tradotta suona come ”dividi e conquista”) con cui si vuole significare che la disaggregazione, la rivalità, la discordia all’interno di una comunità - anche in politica - accentuano il rischio di essere assoggettati con evidente vantaggio per chi voglia dominarla. Espressione attribuita a Filippo il Macedone, ma che è stata spesso ripetuta soprattutto con allusione ai metodi politici seguiti nel 19° secolo dalla casa d’Austria (ma anche Luigi XI di Francia usava dire “diviser pour régner”).
La logica politica che sottende è chiara: creare discordia, seminando zizzania, affinché i dominatori (che lo siano o lo vogliano diventare) possano continuare a mantenere o vogliano affermare la propria autorità: sia perché le fazioni opposte non saranno in grado di creare alleanze, sia perché, per proteggersi dai rivali, saranno maggiormente inclini a chiedere e concedere aiuto fedele a chi detiene il potere. Per questo, rispetto ad avversari interni ma soprattutto esterni, i valdostani che credono davvero nell’Autonomia speciale devono stare insieme e siamo arrivati in questo periodo ad un’azione positiva in questo senso e a questo mi riferisco. È quel processo di aggregazione di cui scrivo da tempo, essendone uno dei promotori, e su cui torno speranzoso più che mai.
Premetto a scanso di equivoci che capisco come non tutti si riconoscano nel percorso della reunification del mondo autonomista. Quando si scelgono percorsi difficili e si cerca più quello che unisce piuttosto che quel che divide, è normale che ci sia chi va sino in fondo e chi invece non ci stia, ritenendo di fare altrimenti. Ma questo non deve far demordere chi ci crede.
L’unità è un processo da sempre faticoso per il mondo autonomista sin dal 1945, quando nacque l’Union Valdôtaine anche sulla base della delusione dei contenuti del decreto luogotenenziale con cui si ebbe la prima forma autonomistica rispetto a quanto ci si aspettava nel rapporto con lo Stato italiano. L’UV era aperto a tutti coloro, come recita l'articolo II dello Statuto, ”qui donnent assurance d'être fidèles et dévoués à la cause valdôtaine”. Nel preambolo dell'atto fondativo così motivarono la nascita dell'UV: ”Fonder une association valdôtaine ayant pour but de promouvoir et de défendre les intérêts de la Valléed'Aoste”. Purtroppo già nel periodo successivo ci furono alcuni dei fondatori che scelsero strade diverse, aderendo in particolare a partiti nazionali. Vi rassicuro: non mi metterò ad elencare le diaspore che nei decenni successivi hanno caratterizzato la vita del Mouvement e non lo farò neanche in chiave autobiografica per la l’inutilità di vivere il presente, guardando nello specchietto retrovisore, che è cosa diversa dal mantenere memoria dei fatti.
Ribadisco in questa linea la assoluta necessità di completare l’operazione di riappacificazione (forse la migliore definizione possibile) e devo dire che un eventuale unanimismo mi avrebbe stupito. Ricordo che l’unanimismo significa, nel linguaggio politico, concordanza di opinioni all'interno di un gruppo, ma con il rischio che ci si trovi di fronte al silenzio dei dubbiosi nella logica nefasta di tacere o sottacere le divergenze.
Mentre il pluralismo vuol dire, usando sempre un latinismo, “E pluribus unum”, motto nazionale negli Stati Uniti, che significa “Dai molti uno”.
Bisogna ora evitare polemiche alla fine inutili, nel rispetto delle posizioni di tutti. Certo è che fissazione di una data - il 16 giugno - come giornata di conclusione di una complessa trattativa appare come un punto d’arrivo e soprattutto come un punto di partenza.
Sarò stolido o troppo ottimista, ma sono contento che ci sia finalmente questo momento conclusivo di confronto e dibattito per progredire. Mai come oggi se ne avverte la necessità e si può ricorrere ad un altro motto latino “Vis unita fortior” e cioè “La forza unita è più forte” o meglio “L’unione fa la forza”.