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17 giu 2024

La parte oscura del ”ma”

di Luciano Caveri

Capita anche a me di scrollare, che poi sarebbe più esattamente fare lo scrolling, vale a dire - terribile neologismo per un gesto nuovo - il movimento del pollice che scorre dal basso verso l'alto sullo schermo dei dispositivi touchscreen per recuperare le nuove notizie o filmati che appaiono in bacheca o nelle stories. Direi che è ormai uno dei capisaldi della nostra alienazione, che è resa ancora più attirante per via di quei diavoletti degli algoritmi che creano catene infinite di contenuti fatti su misura dei nostri gusti.

Facendolo scrolling, su LinkedIn leggo un articoletto che evidenzia la differenza fra americani e francesi come espressi da una manager, Elizabeth Doyle. Emerge un pensiero fulminante che mi ha colpito: “Quand je suis arrivée en France, j'ai découvert que le mot préféré des français était "mais." Le fameux "Oui MAIS...Ici on se focalise plus sur le négatif. Un truc ”pas mal" en France serait "AMAZING" aux Etats-Unis”. Amazing suona come ”sorprendente” in senso positivo.

Non conosco abbastanza gli americani, che pure ho potuto studiare un pochino di più in un recente viaggio in giro per gli States, da poter dire se questa comparazione regga, però posso dire che questa storia del “ma” la vedo praticata anche in Italia e la Valle d’Aosta mi pare talvolta abusarne.

Chiedo per spiegarmi meglio il soccorso della Treccani e alle sue conoscenze: ”Congiunzione coordinativa avversativa, esprimente spesso esplicita contrapposizione al termine che precede, il quale è per lo più espresso negativamente: Non fronda verde, ma di color fosco; Non rami schietti, ma nodosi e ’nvolti; Non pomi v’eran, ma stecchi con tòsco (Dante); non per crudeltà della donna amata, ma per soverchio fuoco nella mente concetto (Boccaccio); non fiori ma opere di bene; lo pensavo amico, ma ho dovuto ricredermi; è cosa incredibile, ma vera”.

Esempi illuminanti dell’uso del “ma”, che comprende poi anche altre tipologie.

Ma il “ma” sembra nelle conversazioni sui temi politici, che pratico come attività, un modo adoperato per relativizzare le cose e talvolta per dare un colpo un cerchio e uno alla botte. Classico in questi tempi il “caso Ucraina”. Tipo: “Solidarizzo con gli ucraini, ma la Nato…”. O chi si esibisce sul mondo LGTBQ: “Basta con questi Gay Pride, ma ho molti amici gay…”. In chiave valdostana: “Bene che si fatta pace nel mondo autonomista, ma già vedo rivalità…”.

Emergono così paroline chiave su cui pensare. La prima potrebbe essere il cerchiobottismo, che deriva dal mestiere del bottaio, che quando costruiva la botte, che è fatta di legno con dei cerchi di metallo, alternava delle martellate un po’ sul cerchio di ferro e un po’ sul legno. Così il cerchiobottista diventa la persona che evita di compiere una scelta decisa. E nel caso del politico, ma per fortuna la categoria non è tutta così, esiste la tentazione di dire cose diverse secondo le circostanze per scontentare nessuno o adoperare il “ma” proprio per non perdere voti e sostenitori.

Sulla stessa linea il barcamenarsi, che erano nato in positivo per i naviganti, e diventa un comportamento ambiguo, quando si cerca di evitare di assumere una posizione che possa compromettere i propri interessi e così fioccano come correzione di rotta i “ma” nel zigzagare.

Terminerei con i malpancisti che sono i principi del “ma”, perché con la pancia in subbuglio solitamente non si spingono fino al palese dissenso, non votano contro nelle assemblee politiche, facendosi sentire, spesso per ottenere qualcosa in cambio per farsi passare, se accontentati, il mal di pancia.

Il “ma” spicca infine nelle bocche dei lamentosi e dei queruli…