Confesso di mantenere un certo sconcerto, anche se - essendo giornalista di professione - dovrei essere abituato al fatto che ad aver prevalenza sono le cattive notizie sulle buone. Ma devo dire che in questo periodo siamo davvero in una sorta di overdose, che certo riflette un mondo difficile in cui viviamo e non si possono invocare logiche da Ministero della cultura popolare (comunemente abbreviato "Minculpop", 1937), quando il fascismo operava una rigida attività di controllo sull’informazione con la scelta di far scomparire le cattive notizie.
Si tratta almeno di riflettere sul fenomeno. Basta scorrere un giornale o guardarsi un telegiornale o guardare su alcuni Social che cosa crei più traffico e ci si ritrova di fronte ad una constatazione: l’orrore interessa e i mostri che ne sono protagonisti diventano con facilità star del Male. Non ci si limita alle notizie tragiche, ma diventano una sorta di tormentone che parrebbe avvenire se non con compiacimento almeno con la consapevolezza che il filone noir accresce copie e audience.
Scriveva anni fa Umberto Eco sotto il titolo “Dacci ogni il nostro delitto quotidiano”. Diceva il celebre scrittore: “Chi vede un nostro telegiornale ha l'impressione che viviamo in un girone infernale dove non solo le mamme ammazzano un bambino al giorno, ma i quattordicenni sparano, gli extracomunitari rapinano, i pastori tagliano le orecchie, i padri stendono a fucilate tutta la famiglia, i sadici iniettano varechina nelle bottiglie di minerale, i nipoti affettuosi affettano gli zii. (…) Ora i nostri telegiornali, dopo le giuste notizie su guerre, stragi, attacchi terroristici e simili, dopo alcune prudenti indiscrezioni sull’attualità politica, ma senza spaventare troppo gli spettatori, iniziano la sequela dei delitti, matri-sororo-uxoro-fratri-patri-infanti-cidi, svaligiamenti, rapimenti, sparatorie, e - per non fare mancare niente al telespettatore - ogni giorno pare che le cataratte del cielo si siano spalancate sulle nostre regioni e piova come non era piovuto mai, che al confronto il diluvio universale era stato un piccolo incidente idraulico”.
Colpa solo di chi impagina i giornali o di chi sceglie le scalette del telegiornale?
Se si cerca di capire un po’ di più il fenomeno si scopre quanto, nel seguire le notizie, i lettori medi siano poco attratti da quelle buone. Al contrario, siamo naturalmente propensi a leggere le brutte notizie, tipo quelle citate fatte di calamità naturali, di crimini oppure di incidenti.
C’è a proposito uno studio condotto alla canadese McGill University, in cui i ricercatori hanno utilizzato la tecnologia di tracciamento oculare per studiare a quali articoli le persone erano più sensibili. Questa attenzione selettiva è emersa in tutti i volontari coinvolti dai ricercatori che hanno esaminato le scelte di lettori di ben 17 differenti Paesi, posti in tutti i continenti.
Esiste il rischio di cadere - nell’epoca del Web - in una vera e propria malattia, che risulta sotto il termine doomscrolling, utilizzato per definire la necessità di cercare ossessivamente notizie negative online. La parola è stata selezionata da Oxford Dictionary come Word of the Year per il 2020 e indica, letteralmente, lo scorrere lo schermo dello smartphone (scrolling), per ricercare nei feed di quotidiani e social network cattive notizie e sventure (dooms). Sarà un effetto consolatorio rispetto alle proprie vite?
Insomma: torto di molti utenti, con punte di chi è addicted, ma responsabilità anche di chi decide di lisciare il pelo di chi finisce per essere vittima del desiderio di un voyeurismo da cronaca nera ormai che si è esteso come una peste.
Bisognerebbe togliere i troppi veleni, certo senza edulcorare la realtà.