Negli anni, con diverse iniziative, si è parlato di una riforma complessiva del nostro Statuto speciale in vigore dal 1948 e sul quale, accanto alle norme dei precedenti decreti luogotenenziali laddove viventi, si basa il regime autonomistico della Valle d’Aosta.
Lo stesso Consiglio Valle ha promosso nel tempo momenti di confronto e di studio, che non hanno mai sortito l’avvio di un reale progetto di riscrittura, anche se esiste l’evidente consapevolezza che dopo tanto tempo è necessario conoscere mettere mano alla Costituzione regionale (si chiama Statuto, come il famoso testo albertino, per evitare confusioni con la Costituzione repubblicana).
Inutile troppo dire su quanto sia cambiato in quasi ottant’anni e quanto sarebbe necessario mettere mano in maniera radicale al testo in vigore.
Personalmente ho promosso alcune modifiche importanti nel 1993 e poi compartecipato a modifiche significative nel 2001, quando ero deputato e seguivo da vicino la materia costituzionale in un periodo che risultò fecondo. Feci poi in altri ruoli la stessa cosa attraverso le norme di attuazione dello Statuto, con la scrittura in particolare del nuovo articolo 48 bis, che offre un percorso - attraverso una Commissione Paritetica stabile fra Stato e Valle d’Aosta - di parziale modernizzazione e pure ampliamento dei poteri e competenze attribuite alla Valle.
Ma vorrei evitare tecnicismi eccessivi, anche se ritengo sempre che - come si fa giustamente con la Costituzione - gli studenti valdostani (e questo avviene in casi rari) dovrebbero studiare bene i contenuti del nostro Statuto, che dietro l’apparente freddezza delle norme di rango costituzionale rappresentano aspetti cruciali della nostra identità, che andrebbero conosciuti per crederci sino in fondo. Ma perché il nostro Statuto è sinora sfuggito ad una sua pur necessaria riscrittura totale?
I primi tempi in cui divenni parlamentare spesso mi dicevo e dicevo che dietro all’Autonomia valdostana, frutto della storia e delle circostanze politiche far guerra e dopoguerra, esisteva - al di là delle logiche giuridiche in senso stretto - una logica pattizia forte fra i valdostani e l’Italia (prima Monarchia e poi Repubblica), che renderebbe l’’Autonomia speciale come intangibile.
Più il tempo è passato e più sono stato scosso da inquietudini, che viaggiano in parallelo con una constatazione e lo dico conscio di avere fatto il mio dovere con le modifiche importanti pur sopravvenute nel testo statutario e che rivendico in un mondo nel quale talvolta i meriti personali svaniscono e specie i politici sembrano solo meteore. Ecco il punto: se oggi la nostra Valle inviasse un testo perfetto e innovativo dello Statuto in Parlamento si seguirebbe la doppia lettura delle Camere come previsto dall’articolo 138 senza referendum finale.
Dice l’articolo 50 dello Statuto nel testo vigente: ”Per le modificazioni del presente Statuto si applica il procedimento stabilito dalla Costituzione per le leggi costituzionali. L'iniziativa per la revisione appartiene anche al Consiglio della Valle.
I progetti di modificazione del presente Statuto di iniziativa governativa o parlamentare sono comunicati dal Governo della Repubblica al Consiglio regionale, che esprime il suo parere entro due mesi.
Le modificazioni allo Statuto approvate non sono comunque sottoposte a referendum nazionale”.
Il semplice parere come espresso è ben diverso dal mio tentativo reiterato più volte sino al testo novellato del 2002 di prevedere una forma di intesa che evitasse - con un intesa obbligatoria dei valdostani, che fungesse anche eventualmente da veto - che nel passaggio parlamentare, attraverso gli emendamenti del Governo e dei singoli parlamentari, un eventuale testo “valdostano” finisse per essere stravolto nell’iter alla Camera e Senato. Con il possibile paradosso di un articolato finale persino nocivo per la Valle d’Aosta.
Arrivai ad un pelo dal risultato positivo, che mi sfuggì per poco e a causa di un autorevole deputato della Sinistra, che si mise per traverso non tanto per noi quanto per analoga previsione per i sudtirolesi, che per altro godono - a nostra differenza - di una garanzia internazionale grazie all’Austria che vigila.
In questi mesi si torna a parlare di qualche soluzione per questa intesa, che appare ormai il punto cardine su cui battere con insistenza e che consentirebbe, attraverso diverse formule applicative del principio dell’intesa, una solida blindatura per mettere mano con coraggio e determinazione ad un nuovo Statuto di autonomia.