Ho seguito diverse tavole rotonde a Bari su temi vari all’interno del Festival delle Regioni. Sono in generale confronti interessanti, che consentono di capire come le diverse amministrazioni su impulso della politica si muovano, a seconda delle caratteristiche dei propri territori, delle loro società e dei rispettivi tessuti economici.
C’è stata in apertura un’apposita sessione sul lavoro con la presentazione di un rapporto IPSOS sui sentimenti dei giovani e le loro aspettative.
La richiesta più forte che è emersa è stata - creando stupore, di cui dirò - “Aumentare l'occupazione” con il 44% come risultato. Per capirci: al secondo posto figura con il 36% “Migliorare l'economia regionale” e al terzo “Sviluppare sostenibilità ambientale in ogni settore e lotta cambiamento climatico” con il 34 %.
Come prima motivazione per il lavoro al 50% spicca “Una fonte di reddito”, al 43%, segue “Un modo per affermare la mia indipendenza”, al 33% “Un modo per realizzarmi come persona”, stessa percentuale per “Opportunità di crescita personale”, infine al 31% “Permette di costruirsi una posizione sociale”.
Nella priorità per il lavoro contano in ordine di importanza: Stabilità, Autonomia e Indipendenza, Trattamento economico, Orari flessibili, Buoni rapporti con i capi.
Ed eccoci alle paure: al 37% “Essere sfruttato”, stessa percentuale vale per ”Non avere più tempo per me", al 28% “Non trovarmi bene con i colleghi”, idem per “Non essere apprezzato”, al 27% preoccupano “Gli orari di lavoro”, il 25% ha ”Il timore di non avere tutele”, stessa percentuale per “Avere qualcuno che ti comanda, magari che ne sa meno di te”, il 21% afferma “La paura diventare un numero”, più intimista il 21% con “Il provare tristezza per la mia vita”, infine il 20% con la preoccupazione di “Non sentirmi coinvolto nelle cose che faccio”.
Ecco gli esiti sugli aspetti considerati più interessanti del lavoro: 36% “Sentirmi bene e realizzato”, 34% “Essere adeguatamente remunerato per il mio lavoro”, 30% “Fare esperienza”, 26% “Essere apprezzato”, 25% “Lavorare in un ambiente con procedure chiare”, 23% “Poter esprimere il mio potenziale”, 20% “Essere parte di un progetto condiviso”, stesso risultato per “Sentirmi parte di un gruppo” e “Dare più valore al mio tempo libero”.
Tutto interessante, ma colpisce che l’occupazione sia la preoccupazione maggiore per i giovani in un’epoca in cui tutto manca ma non certo il lavoro.
Intendiamoci: le Regioni hanno diversità e non bisogna comunque fingere che ci sia un’omogeneità artificiosa ed è per questo che ogni visione centralistica dello Stato in Italia finisce per essere dannosa e velleitaria se nella logica del livellamento. Difficile farlo capire, purtroppo, specie se la classe politica nazionale non considera troppo spesso - a destra come a sinistra ormai - la varietà delle comunità, con le proprie specificità, come una ricchezza da rispettare e valorizzare.
Concludo con altri aspetti emersi dalle analisi ulteriori nel dibattito di Bari: mancano e mancheranno lavoratori a causa del crollo demografico e anche, in certe Regioni, per una grave “fuga dei cervelli”. Questo obbliga a ragionare su flussi migratori indispensabili ma regolati e sono stati proposti in proposito dei modelli di accordi, specie con i Paesi africani. Più difficile incidere sul tasso di fertilità, ormai sotto la soglia necessaria per i necessari ricambi persino nel fertile SüdTirol!
Un secondo aspetto risulta altrettanto trito e ritrito: i giovani - così si dice e la ricerca solo in parte lo conferma - vogliono vivere meglio e dunque il lavoro sembrerebbe diventare un elemento accessorio e persino per alcuni marginale nel quadro di un progetto della propria esistenza che ne esclude la centralità.
Personalmente credo che il lavoro non debba essere una appendice distaccata dal resto della vita, ma può essere che io sia irrimediabilmente fuori moda…
Certo che gli elementi elencati creano una strana tenaglia, da cui mi pare non sia facile uscire. Purtroppo senza reazioni e misure varie la società occidentale futura si sgonfierà senza speranze e ne risentiranno in primo comunità piccole come la Valle d’Aosta con il rischio - lo scrivo facendo gli scongiuri - di una sorta di de profundis.