In questo mondo difficile, in cui sembra che la lotta fra il Bene e il Male ormai sia appannaggio di quest’ultimo, tocca guardare alle proprie speranze.
Così mi torna in mente l’illuminismo, che ha figliato il cosmopolitismo, che significa anzitutto sentirsi cittadini del mondo. La parola francese “cosmopolite” è, infatti, un neologismo settecentesco, dal greco kosmopolites, composto di kósmos "mondo' e politēs'cittadino'.
So bene che ci sono coloro che ritengono quelle radici negative, perché avrebbero gemmato orrori come la deriva autoritaria della Rivoluzione francese o i virus della dittatura comunista, ma io mi rifaccio a quel che scrisse Immanuel Kant con una celebre descrizione: “L'Illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l'incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto d'intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell'Illuminismo”.
Ha scritto, in un suo libro sul cosmopolitismo con una visione sociologica Anna Taglioli: “Il cosmopolitismo deve diventare la nostra riflessività, deve farsi sguardo prospettico per gestire la pluralità del sociale, deve assumere la forma di una politica pronta a ridefinire i suoi compiti, i suoi limiti, le sue sfide, deve indirizzarsi in quel terreno ideale etico e normativo dove è nato, ma con una finalità diversa, non quella di impossessarsi del mondo, di ricondurlo alle logiche umane che si bagnano nel potere e nella rivendicazione, ma quella di aprilo, quella di concepirlo come un territorio degli altri. L’alterità ci permette di uscire dalla logica dell’unico, unico potere, unico ordinamento, unica gestione, unica identità, unico diritto, là dove la società si autoproduce nel dialogo e il dialogo è permesso dall’esistenza dell’alterità, un’alterità che si riflette negli spazi, nella biografia degli individui, nell’espressione dei diritti, nelle forme di governo”.
Oggi si vede bene e la preoccupazione è tanta di come i regimi autoritari neri o rossi, in un mix che li rendono simili, aumentino e ci siano in molti casi al governo nel mondo persone pericolose e persino bislacche. Così certi valori democratici sembrano tramontare su molti Paesi.
Scriveva Alessandro Manzoni ne “I Promessi Sposi”: “Quelli che fanno il bene, lo fanno all'ingrosso: quand'hanno provata quella soddisfazione, n'hanno abbastanza, e non si voglion seccare a star dietro a tutte le conseguenze; ma coloro che hanno quel gusto di fare il male, ci mettono più diligenza, ci stanno dietro fino alla fine, non prendono mai requie, perché hanno quel canchero che li rode”.
C’è da chiedersi che cosa stia erodendo la democrazia, le costituzioni, la partecipazione. Perché la guerra torna con minacce che sembrava essere tramontate? Pensiamo alla paura del conflitto nucleare, che era stata quasi sterilizzata, e oggi è una spada di Damocle che pende su di noi. Pensiamo al male compiuto nel nome della religione con regimi teocratici liberticidi. La straordinaria rivoluzione digitale agisce sulle persone e sulle comunità con grandi capacità di plasmare le coscienze e trasformare persino la realtà con grandi manipolazioni.
Ha scritto Emil Cioran: “Timido, sprovvisto di dinamismo, il bene è inadatto a diffondersi; il male, ben altrimenti intraprendente, vuole trasmettersi, e vi riesce perché possiede il duplice privilegio d'essere fascinatore e contagioso”.
Sembra purtroppo di questi tempi una maledizione vera e propria, cui reagire ognuno con i propri mezzi.
Ragionava così Rita Levi-Montalcini: “Se si sostituisce a un Dio antropomorfo, che premia i buoni, l'imperativo inciso nel programma genetico dell'Homo sapiens che il bene ha un premio in se stesso, e il male ha il suo castigo, il laico e il credente troveranno la risposta”.