Chiudo con oggi una tre giorni dedicata al proseguimento della mia attività al Comitato europeo delle Regioni.
Una sorta di maratona, come avviene al cambio di legislatura in qualunque assemblea parlamentare. Si passa da una riunione all’altra, si votano le presidenze, si conoscono colleghi nuovi, si percorrono gli infiniti corridoi che collegano il CdR con il Parlamento europeo, che offre ospitalità nel suo emiciclo.
Per me è un ritorno con la memoria a quando mi trovai, dapprima un po’ spaesato a fare il parlamentare europeo in un mondo con regole assai particolari che dovevo assimilare in fretta. Ho sempre detto che se non avessi avuta una solida esperienza a Roma come deputato avrei tribolato ben di più ad entrare nel flusso del gigantismo delle Istituzioni comunitarie. E considero quell’esperienza, dal punto di vista politico e umano, come un patrimonio unico e straordinario di cui porto il segno con grande soddisfazione e onore.
Idem per la lunga militanza al Comitato delle Regioni con la soddisfazione di essere stato Capo della Delegazione italiana, che non è banale nel gioco di occupazione dei grandi partiti. Anche in questo caso quel che conta di più è immergersi nell’umanità cosi varia che si incontra in quel termine che tanto mi piace e adopero, che è cosmopolitismo.
La parola “cosmopolitismo” deriva dal greco antico κόσμος (kósmos), che significa “mondo” o “universo”, e πολίτης (polítēs), che significa “cittadino”. Letteralmente, quindi, cosmopolita significa “cittadino del mondo”. Mai come oggi - specie per i giovani - vale la pena di ricostruirne una logica antica.
Se le radici, come molte altre cose affondano nell’antica Grecia, il concetto di cosmopolitismo fu ripreso e sviluppato dai miei amati illuministi del XVIII secolo (cui dedicai la mia tesi di laurea).
La logica, che mai come oggi appare calpestata, si basava sulla fratellanza tra i popoli e sul superamento delle divisioni nazionali a favore di un’umanità unita.
Penso a certe pagine di Emanuel Kant, come Per la pace perpetua, in cui x sviluppò una visione del cosmopolitismo legata al diritto internazionale, immaginando una federazione di Stati fondata su leggi comuni e sul rispetto reciproco. Egli parlava anche di un “diritto cosmopolitico”, secondo cui ogni individuo, indipendentemente dalla sua nazionalità, doveva essere trattato con dignità.
Parole che ora troppo spesso sono carta straccia e ideologie contrarie a questi principi seminano odio e divisioni. Eppure l’idea cosmopolita, in una speranza che oggi possiamo bollare in parte come utopica, è stata alla base delle Carte costituzionali succedutesi nel tempo e oggi il vento nazionalista e sovranista mina alcune fondamenta specie nel diritto internazionale.
Così, nella culla dell’Illuminismo che fu il Vecchio Continente, si evidenzia il ruolo - se vorrà giocarselo - dell’Unione europea, anche se al proprio interno albergano nemici e serpi contrari alla democrazia rappresentativa.
Cosi Bruxelles, scelta come sede principale delle istituzioni europee per una combinazione di ragioni storiche, politiche e geografiche, diventa un simbolo assieme ad altre città significative per le Istituzioni, come Strasburgo e Lussemburgo.
In fondo ha avuto un suo perché anche Roma, che fu scelta non a caso proprio per quel la città aveva rappresentato nel corso della storia europea.
Lascio qui qualche mio pensiero, espresso durante il CdR https://youtu.be/j_oSrpD_amk