Forse solo ora, in uno scenario politico proteso verso le elezioni regionali in Valle d’Aosta, ci si rende conto di quanto sia stata importante la scelta della ”réunification” dell’area autonomista nell’Union Valdôtaine.
Non lo dico perché questo da tempo era il mio motivato desiderio personale, ma perché - a pochi mesi dagli 80 anni dalla sua fondazione - la forza politica in cui sono cresciuto continua ad avere un ruolo motore senza il quale la Valle d’Aosta rischierebbe grosso.
Non parlerò delle altre aree politiche percorse da profonde divisioni e neppure di chi ha scelto di non rientrare nell’UV per propri calcoli.
Tutto è legittimo in politica, però quel che è certo è che proprio la storia dell’UV - e delle persone che la fondarono nel 1945 e che ne svilupparono la presenza - dimostra la sua essenzialità nel fondare e difendere le ragioni dell’Autonomia speciale. Un’eccezione territoriale rispetto alla politica italiana e al suo sistema di partiti contro il rischio di omogenizzazione che avrebbe causato la perdita di un’identità particolare.
Questo è stato e questo è l’UV, un’eccezione, oltretutto sopravvissuta ai cambiamenti della partitocrazia italiana in diverse fasi del dopoguerra. Dunque fonte di certezze e di stabilità.
Certo non tutto è sempre stato rosa e fiori: ci sono stati momenti difficili, personalismi marcati che hanno causato diaspore dolorose e vicende giudiziarie che hanno inciso in certi momenti (inchieste roboanti hanno partorito topolini). Infine, a conti fatti, l’UV ha dimostrato la stretta connessione fra l’autonomismo e l’esistenza stessa di una Valle d’Aosta che potrebbe, se “normalizzata”, trovarsi priva della sua Autonomia e impoverita in quegli aspetti particolari di popolo alpino con una sua cultura.
Tant’è che anche forze politiche che c’entrano poco con la valdostanità si esibiscono in grandi proclami pro Valle d’Aosta e nascondono la loro vera identità per colpire gli elettori.
Forme di travestitismo politico che già in passato non sono riuscite, addirittura con infiltrazioni nell’UV di persone che non avevano nessun’altra intenzione se non salire sul carro del vincitore con il rischio di inquinare pensieri ed idee.
Nulla di nuovo sotto il sole, ma bisogna in prospettiva temere opportunisti e falsi amici.
Resta il fatto che la crisi di partecipazione alla vita democratica è un male comune. Un calo di interesse e di tensione nei giovani è evidente. Un mondo dell’informazione globalizzato distrae da tematiche vicine e necessarie.
Non è facile oggigiorno trovare strumenti di comunicazione politica e riuscire a spiegare ai valdostani stessi le sfide che ci attendono nel futuro e che non consentono distrazioni.
Compresa la scelta nefasta dell’astensionismo, che rode un aspetto fondamentale della democrazia partecipativa. In un Movimento di raccolta, come l’UV, devono convivere diversi modi di pensare e solo la capacità di sintesi e di dialogo sono il collante. Sbaglia chi cade nelle vecchie differenziazioni Destra e Sinistra, perché l’autonomismo e il federalismo obbligano alla concretezza e al rifiuto di ideologismi che risultano divisivi.
Questo significa anche capire e conoscere - e a questo serve la Storia! - l’insieme di vicende e personalità che hanno portato all’attuale Autonomia speciale. Una struttura istituzionale e politica che non può essere mai statica, ma dev’essere dinamica perché necessita sempre di saper reagire e corrispondere alla realtà del momento.
Se l’UV non sapesse più cogliere bisogni e rispondere alle necessità, guardando con attenzione al di là del contingente, allora perderebbe la sua ragion d’essere, la sua necessaria specificità.