Alcuni leader mondiali e loro collaboratori sembrano al momento non essere del tutto equilibrati mentalmente e questo crea giuste preoccupazioni.
Emilio Lussu evocava con poche parole la questione, volando alto: “La differenza tra democrazia e dittatura è appunto questa: più teste, una testa”.
Qualcuno di conseguenza evoca il termine “matto” - termine sgradevole, come dirò - e c’è chi la usa senza alcuna logica, come ha fatto il Ministro Matteo Salvini (genuflesso verso Trump e Putin) con il Presidente francese Emmanuel Macron, creando un problema diplomatico serio.
Ricordo come parola matto abbia origini latine e germaniche. Deriva dal latino volgare mattus, che significava “ubriaco” (l’ebbrezza da alcol è vecchia come l’umanità) o “stordito”. Questo termine, a sua volta, potrebbe essere collegato al gotico mats (“sciocco, stolto”) o al tedesco antico mat (“stanco, debole”).
Nel Medioevo, matto, iniziò a essere usato per indicare una persona folle o priva di ragione, un significato che è rimasto fino a oggi.
In Valle d’Aosta con tono bonario si scherza sul tema nel Carnevale della Coumba Freida con la sfilata in costume del Toque (il pazzo) e dellaToquée (la pazza), due vecchi grossolani e volgari intenti a bisticciare. Lei armata di scopa, la usa per punire il marito che col suo bastone solleva la gonna alle ragazze…
Oggi il termine “matto” va considerato politicamente scorretto, quando viene usato per riferirsi a persone con disturbi mentali, perché può risultare offensivo o riduttivo. Nel tempo, la sensibilità verso il linguaggio è cambiata, e parole come matto, pazzo o folle sono state spesso sostituite da termini più neutri o clinicamente precisi, come persona con un disturbo mentale o persona con fragilità psichica.
Tuttavia, matto continua a essere usato in contesti informali senza intenti discriminatori, per indicare qualcuno di stravagante, eccentrico o audace (tipo: sei matto a fare una cosa del genere!). L’accettabilità del termine dipende quindi dal contesto e dall’intenzione con cui viene usato.
In Italia non si può non ricordare lo psichiatra Franco Basaglia, che fu una figura chiave nella lotta contro l’emarginazione e la disumanizzazione delle persone con disturbi mentali. Per questo lavorò solo per la chiusura dei manicomi (compreso quello piemontese di Collegno, dove finivano i valdostani), ma anche per un cambiamento culturale nel modo di concepire la malattia mentale, opponendosi appunto all’uso di termini come matto che stigmatizzavano i pazienti.
La sua battaglia culminò nella Legge 180 del 1978, nota come Legge Basaglia, che sancì la chiusura dei manicomi in Italia e promosse un approccio basato sull’integrazione sociale e sulle cure territoriali. Quanto purtroppo- lo sa bene chi ha avuto problemi in famiglia o fra le proprie amicizie - non è mai stato pienamente realizzato con conseguenti problemi seri.
Peccato che questo sia accaduto, vista la giustezza di una visione più umana e rispettosa, cercando di cambiare non solo le istituzioni psichiatriche, ma anche il modo in cui la società guardava e guarda ancora alla malattia mentale.
Sconvolge, tuttavia, che a certe persone instabili siano consentiti ruoli elettivi o posizioni chiave in vere e proprie dittature, specie se questo mette a rischio l’intera umanità. Mi riferisco a chi può “giocare” con le armi nucleari, potenzialmente utilizzabili per far scomparire 11”l’umanità.
Ha scritto il giornalista Mario Praz: “La bomba atomica è un simbolo come le piramidi, ma non un simbolo di vita eterna com'esse, ma una minaccia simbolica di morte. A questo bel grado di progresso siamo arrivati dopo cinquemila anni”.