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10 mar 2025

Il mondo interconnesso

di Luciano Caveri

Mi ha sempre affascinato il rapporto politico fra l’infinitamente piccolo e l’enormemente grande.

Il senso è più o meno questo: la Valle d’Aosta è davvero minuscola, sia in termini territoriali che demografici, ma in questa sua dimensione ha diritto di pensare degnamente al suo futuro.

Questo nostro piccolo mondo non vive isolato come se fosse un pianeta situato chissà dove, ma è sempre stato interconnesso con quanto lo circondava e oggi l’interconnessione ha assunto una dimensione sempre più globale, che penetra in profondità.

Lo diceva già il sociologo canadese Marshall McLuhan negli Anni Sessanta “Il mondo è un villaggio globale”, ma una considerazione più attuale viene da un ragionamento, di un altro sociologo, questa volta polacco, Zygmunt Bauman. Così diceva: “La globalizzazione ha raggiunto ormai il punto di non ritorno. Ora dipendiamo tutti gli uni dagli altri, e la sola scelta che abbiamo è tra l’assicurarci reciprocamente la vulnerabilità di ognuno rispetto ad ognuno e e l’assicurarci reciprocamente la nostra sicurezza condivisa. Detto brutalmente: nuotare insieme o affogare insieme”.

La profezia si è dimostrata veritiera in questi tempi grami e obbliga anche chi opera localmente a riflettere. Certo non bisogna mai svilire da soli la propria piccolezza e dunque il proprio peso politico e dall’altra neppure accettare che questa apparente esiguità significhi farsi mettere i piedi in testa da chicchessia.

Bisogna immaginare una sorta di pendolo che oscilla fra dentro e fuori, obbligando ovviamente a pensare ai temi concreti da risolvere per la comunità cui si appartiene e, dall’altra, obbliga a manifestare fuori dalla Valle la propria esistenza e i propri diritti senza avere timore di farlo.

Ogni tanto, da davanti o più spesso da dietro e dunque senza dirlo in faccia, vengo rimproverato con tono bonario da alcuni e velenosetto da altri di occuparmi di contatti esterni la cui utilità sarebbe tutta da dimostrare.

Ritengo, invece, che sia quanto di più necessario. In sostanza ho avuto due fortune, quella di capire a fondo i rapporti politici con Roma e di poter egualmente comprendere i legami possibili con la politica europea.

Non lo dico per vanagloria, credendo molto a quanto ha detto Honoré de Balzac: “Dobbiamo lasciare la vanità a coloro che non hanno nient’altro da esibire”.

Lo scrivo perché o si agisce per contare e lo si fa con rapporti e relazioni che valorizzino e amplifichino le proprie potenzialità nel confronto e con le alleanze, oppure si rischia di cadere nel localismo chiuso e ottuso.

Lo ha detto lo stesso Bauman: “Il localismo cieco è il nemico del progresso. Un mondo che si chiude è un mondo che si spegne”.

Il discusso storico inglese, Arnold J. Toynbee, rincara la dose: “Niente è più pericoloso per la civiltà dell’illusione di poter vivere in un’isola di sicurezza e ignoranza in un mare di cambiamento”.

Ecco perché bisogna battersi per evitare certi rischi e i rapporti politici sono essenziali. Far sentire la propria voce a Roma e a Bruxelles è vitale, bisogna confrontarsi con le altre Regioni italiane ed europee, è bene adoperare la francofonia come un veicolo utile per le porte che si aprono, la Montagna è un’altra finestra sul mondo in cui esprimere le conoscenze acquisite e il savoir faire, così come esistono reti importanti fra le minoranze linguistiche ed è necessario rinfrescare quel pensiero federalista che è stato un tratto distintivo per la Valle d’Aosta contemporanea.

Nel farlo non bisogna avere timidezze, anzi ci vuole talvolta la necessaria sfrontatezza e alzare la mano per dire che ci siamo e parlare senza complessi e timori, ma anche con l’umiltà dell’ascolto per capire e imparare.

Lo diceva bene Winston Churchill, noto per il suo carattere ruvido e che ho sempre ammirato per la sua franchezza: “Ci vuole coraggio per alzarsi e parlare, ma anche per sedersi e ascoltare”.