Oggi sono a Gorizia per parlare di una legge di cui sono uno dei papà, datata 1999, e di un suo articolo di cui sono stato autore materiale, mentre si discuteva il testo.
Partiamo dal presente , e cioè dalle città gemelle di Nova Gorica e Gorizia, che sono state assieme Capitale Europea della Cultura 2025.
Spesso sono state paragonate a una "piccola Berlino" per la loro storia di divisione artificiale durante la Guerra Fredda, seguita da una riconciliazione simbolica che le ha rese un esempio di unione europea transfrontaliera. Questa analogia non è casuale: come il Muro di Berlino separò Est e Ovest dal 1961 al 1989, un confine fortificato – noto come "Muro di Gorizia" – divise le due città dal 1947 al 2004, tagliando famiglie, quartieri e commerci in due blocchi ideologici opposti.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il Trattato di Parigi del 1947 assegnò la maggior parte di Gorizia all'Italia, mentre la porzione orientale – circa il 15% della popolazione e i quartieri a nord-est – andò alla Jugoslavia (poi Slovenia). Per volere di Tito, nacque Nova Gorica come "città nuova" jugoslava, costruita ex novo per ospitare i residenti slavi e simboleggiare il blocco comunista. Il confine, coronato da filo spinato e torri di guardia, passò proprio per Piazza della Transalpina (oggi Piazza della Vittoria), isolando la stazione ferroviaria e dividendo case e strade.
Il confine rimase chiuso fino al 1991 (dissoluzione della Jugoslavia), ma i controlli svanirono progressivamente con l'ingresso della Slovenia nell'UE nel 2004 e nell'area Schengen nel 2007. L'11 dicembre 2007, i sindaci di Gorizia e Nova Gorica alzarono simbolicamente l'ultima sbarra, 18 anni dopo la caduta del Muro di Berlino, celebrando l'unione senza cancellare le differenze nazionali, ma ricordando lo sloveno come lingua comune e gli sloveni della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia come minoranza nazionale in Italia (mi occupai personalmente della legge in vigore).
Gorizia e Nova Gorica meritavano di essere la prima Capitale Europea della Cultura transfrontaliera, unita sotto il motto "GO! 2025" (Gorizia Outer Worlds).
La legge di cui parlerò a Gorizia, fra ricordi e proposte per il futuro, è la 482 del 1999, attesa per mezzo secolo e che è titolata: “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche".
L'articolo cardine della legge recita: "In attuazione dell'articolo 6 della Costituzione e in armonia con i princípi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali, la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo".
Venne così riconosciuto il nostro patois, mentre era già riconosciuto il francese con rango costituzionale con lo Statuto di autonomia del 1948, confermato con mio emendamento nella riforma della Costituzione del 2001 con la dizione bilingue Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste nell’articolo 116. Dal 1993 ero riuscito nello Statuto valdostano a riconoscere anche i nostri walser.
Ma a Gorizia si parlerà in particolare dell’articolo 12 della legge, che così recita e pubblico solo il primo comma: “Nella Convenzione tra il Ministero delle comunicazioni e la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo e nel conseguente contratto di servizio sono assicurate condizioni per la tutela delle minoranze linguistiche nelle zone di appartenenza”.
Ovviamente esistono situazioni particolari e ben precedenti per le trasmissioni Rai in Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige/SüdTirol (tedesco e ladino) e Friuli-Venezia Giulia (sloveno e friulano), cui si aggiungono esperienze in Sardegna sul sardo.
Il convegno verterà proprio sul tema “Il ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo nel dare voce alle minoranze linguistiche storiche riconosciute dalla legge 482 del 1999” e naturalmente si allargherà alla tutela delle lingue minoritarie che hanno una protezione di rango costituzionale. Quel che è certo è che la RAI dovrebbe fare di più!
Ringrazio l’associazione dei giovani sloveni in Italia DM+, con il supporto del Consiglio Regionale del Friuli-Venezia Giulia e del Ministero per i rapporti tra la Repubblica di Slovenia assieme alla comunità nazionale autoctona slovena nei paesi confinanti e agli Sloveni nel mondo per aver voluto questo momento di confronto, utile per guardare al passato e soprattutto al futuro.
Occasione per me per caricare le pile su temi che mi sono a cuore e che mostrano un obbligo morale per la politica valdostana: lavorare con le altre minoranze.