Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
19 nov 2025

Ai diritti corrispondono i doveri

di Luciano Caveri

Ricordo di aver letto un pensiero, espresso nella sua tarda età, dal giurista e politologo Norberto Bobbio (1909-2004), personalità dai ragionamenti lucidi e motivati.

Mi aveva colpito questa sua frase, riportata in diverse testimonianze di suoi allievi e colleghi, che suonava così: «Se avessi ancora il tempo e le energie scriverei piuttosto ”L’età dei doveri”».

Si richiamava con tutta evidenza ad un suo saggio intitolato “L'età dei diritti" (1990), in cui analizzava l'evoluzione dei diritti umani e il loro ruolo nelle società moderne. In questo libro, in cui Bobbio discuteva già anche il rapporto tra diritti e doveri, sottolineando come l'affermazione dei diritti implichi spesso una corrispondente responsabilità.

L’impressione è che Bobbio fosse consapevole che la sua opera, pur non separando mai concettualmente diritti e doveri (è celebre una sua frase che suona "i nostri diritti non sono altro che i doveri degli altri nei nostri confronti"), fosse stata percepita prevalentemente come una celebrazione dei diritti.

Questa eco risuona ormai in questo nostro mondo come una specie di cacofonia e davvero penso che sia necessaria, per evitare ambiguità su che cosa sia la democrazia, una salutare enfasi sull'adempimento dei doveri per garantire la sopravvivenza stessa della "società dei diritti". Altrimenti destinata a svaporare in una logica a senso unico.

Ci penso ogni tanto in questa nostra società che manifesta per i diritti, predispone comitati, petizioni, denunce pubbliche e esposti alla magistratura come se non ci fosse un domani. Tutto giusto, tutto legittimo: mai contrarre i diritti con la fatica che si è fatta per affermarli, specie attraverso le Costituzioni, che sono state il Vangelo per i cittadini.

L’altra faccia della medaglia, quella dei doveri, sembra tuttavia occupare meno la scena e pensare che basta uno sguardo sulla Costituzione italiana (retoricamente chiamata “la più bella del mondo”, ma ci andrei cauto) per capire che, per fortuna e in più punti si elencano doveri.

Sarebbe bene ricordarli, perché sono come sentinelle altrettanto importanti dei diritti per un vivere in comune e per una cittadinanza consapevole e non solo rivendicativa. Comincio dall’articolo 2 e cioè dai doveri di solidarietà, laddove Repubblica richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Questo significa - “vaste programme”, come si dice in francese - che ogni cittadino deve contribuire al benessere e alla coesione della comunità.

L’articolo 4 si occupa del dovere di contribuire al progresso della società Oltre al diritto al lavoro, si afferma il dovere di svolgere un’attività o funzione che concorra al progresso materiale e spirituale della società. Non è, dunque, solo un obbligo lavorativo, ma un richiamo etico all’impegno sociale. Passando all’articolo 30, si affrontano i doveri verso i figli. I genitori hanno il dovere (non solo il diritto) di mantenere, istruire ed educare i figli. Si afferma la centralità della responsabilità genitoriale.

Essenziale l’articolo 32 con i doveri legati alla salute. Indica che, in casi particolari, la legge può imporre obblighi a tutela della salute collettiva.

Significativo l’articolo 34 attraverso i doveri di istruzione. I genitori hanno il dovere di assicurare ai figli l’adempimento dell’obbligo scolastico. L’istruzione è un bene pubblico che coinvolge anche le famiglie.

Delicato l’articolo 48, in epoca di astensionismo imperante, che riguarda il dovere civico del voto.

Il voto è un dovere civico, oltre che un diritto e come tale un invito ai cittadini (perché sono venute meno le sanzioni per chi non vota) a partecipare alla vita democratica.

Altrettanto discusso l’articolo 52 si occupa del dovere di difesa della patria con l’affermazione ”La difesa della patria è sacro dovere del cittadino”. Oggi interpretato in senso ampio: include anche forme non militari e la protezione delle istituzioni democratiche.

Interessante l’articolo 53, che parla del dovere di contribuire alle spese pubbliche in un’Italia, dove la percentuale di cittadini che effettivamente paga le tasse (intese come imposte sul reddito, come l'Irpef) è stimata intorno al 57%. Dato che mostra un sistema iniquo, dove i "soliti noti" coprono i buchi lasciati da evasori e inattivi.

Pare caducato la norma costituzionale che dice che tutti devono contribuire alle spese dello Stato in base alla propria capacità contributiva, con un sistema fiscale progressivo. Dimenticato l’articolo 54 con il dovere di essere fedeli alla Repubblica, con l’ammonimento che cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi.

Chi esercita funzioni pubbliche - si aggiunge con una precisazione che appare beffarda di fronte a certi personaggi della politica italiana - deve farlo con disciplina e onore. Un richiamo, che sembra talvolta cadere nel vuoto, alla responsabilità civica e alla correttezza nell’amministrazione pubblica.

Fruttero e Lucentini, imbattibile e rimpianta coppia letteraria dalla penna affilata, hanno scritto: “ • Tranne forse gli animali delle favole di La Fontaine, nessuno è mai stato bravo come gli italiani nell'arte d'inventare nobili pretesti per eludere i propri doveri e fare i propri comodi”.