Quante volte ho invitato i valdostani a non cadere mai nel rischio di un micronazionalismo giacobino, che nulla avrebbe a che fare con il nazionalismo buono, che è fatto da una considerazione di sé che non dev'essere per nulla aggressiva verso gli altri e neppure piangere verso un eccesso di autovalutazione retorica e tronfia.
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Se si toglie la patina di retorica che è servita nei momenti più difficili dell'emergenza sanitaria resta la cruda realtà.
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Il titolo è già illuminante: «In pandemia nessuna concorrenza di competenze.
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Se una pensa al 1821 viene in mente un passaggio storico che i valdostani dell'epoca sicuramente vissero.
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Quando ho messo sul mio telefono il qr code del "Green pass", stampando poi il tesserino cartaceo, mi sono emozionato.
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L'idea che non si capisca che se non ci si vaccina si chiude tutto e tutto andrà a rotoli mi angoscia e vedere il corteo di centinaia di persone nel centro della Aosta dimostra che il virus potrebbe durare ancora per molto tempo, con danni irreparabili.
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Ricordo che già nel 2016 ci fu un momento di gioia per gli appassionati dello scialpinismo, quando rimbalzò la notizia - che poi risultò infondata - che questo sport sarebbe finalmente diventato disciplina olimpica.
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Il punto di partenza è che non bisogna mai smettere di indignarsi di fronte a certe ingiustizie e che non si può sopportare che scelte arbitrarie possano trasformarsi in un danno vero e proprio.
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L'estate scorsa per il turismo sulle Alpi fu un successo, reso ancora più gioioso perché si pensava, ingenuamente, che il peggio fosse passato.
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