Il "time out" (cioè l'interruzione di gioco caratteristica della pallacanestro) non l'avevo mai vista in politica. Ed invece, nel lungo trascinamento dall'estate ad oggi della crisi, è capitato anche questo: la Camera dei deputati chiude per una settimana in attesa della discussione sulla fiducia e il voto conseguente, pur di fronte ad argomenti di grande urgenza, ma si vogliono evitare turbolenze prima della fiducia. Tutti i segni mostrano che, alla fine, l'ipotesi più probabile, di cui ho spesso parlato, resta quella delle elezioni anticipate nella primavera del prossimo anno. Salutare resa dei conti per evitare giochi e giochetti, anche se la congiuntura internazionale sconsiglierebbe la "vacatio" elettorale, ma piuttosto di evocare i principi, in certi casi, è meglio dotarsi di robusto realismo e le attese fanno male anche all'economia. Non sfuggono gli elementi tattici che gli uni e gli altri adoperano in questa fase per situarsi nella migliore posizione e a fare da bussola risultano decisivi i sondaggi senza i quali oggi nessuno sembra assumere decisioni. Un "egoismo" degli schieramenti politici che è reso possibile da regole costituzionali poco stringenti e da prassi consolidate da tatticismi parlamentari. C'è da invidiare quei Paesi dove, al primo venir meno di quelle che in politichese si chiamano le "condizioni politiche", ci si avvia al voto senza tanti patemi d'animo. Anche se il voto è diventato nel caso italiano una blanda medicina.