Le elezioni regionali in Friuli-Venezia Giulia, la più giovane delle autonomie speciali, si sono incrociate per caso, essendo la scadenza naturale della legislatura, con le complesse vicende politiche italiane. Un test migliore di qualunque sondaggio, anche se elezioni come questa risentono sempre di dinamiche particolari e dunque gli esiti non sono meccanicamente trasferibili a livello nazionale. Va detto, però, che di assolutamente leggibile ci sono il crollo nella partecipazione alle urne e la delusione per Beppe Grillo ed il Movimento 5 Stelle, che aveva sogni di gloria e si trova in netto ribasso rispetto alle politiche. Per un pelo, ha vinto la corsa per la Presidenza della Regione Debora Serracchiani, europarlamentare, simbolo qualche anno fa di rinnovamento; un avvocato quarantenne, nata a Roma e trasferitasi da tempo a Udine. Per onestà va detto che il successo ha una forte componente personale, come si evince dall'esame dei voti di lista non proprio in linea con la vittoria al fotofinish per la Presidenza. Comunque sia, il voto è avvenuto in un momento drammatico per il Partito Democratico che, dopo le politiche, non aveva azzeccato neppure un mossa e che, dopo le dimissioni di Pierluigi Bersani e dell'intero gruppo dirigente, vive la minaccia reale di una o più scissioni che non sono cosa nuova nella Sinistra italiana. Serracchiani ha fatto, in questi mesi di campagna elettorale, affermazioni importanti sulle autonomie speciali e la sua vittoria servirà a tenere la barra dritta contro certe voci, presenti anche nel PD, di soppressione delle "speciali". Dalla lettura quotidiana dei giornali locali del Friuli-Venezia Giulia si può dire che la Serrachiani pian piano da "antipatizzante" di Matteo Renzi sia stata costretta dagli eventi a fare i conti con il "nuovismo" del Sindaco di Firenze, più giovane di lei di pochi anni e con cui ora si dovrà confrontare sul futuro incerto del partito. Conosco bene questa nostra Regione autonoma consorella sia per vecchie frequentazioni in Friuli, dove agirono storiche formazioni autonomiste oggi moribonde dopo il ciclone Lega, sia per il lavoro di difesa della minoranza linguistica slovena. Per molte ragioni, pur nelle differenze, resta valida una battaglia comune a difesa dell'autonomia speciale e in vista di una "grande coalizione" a Roma conviene sempre essere attenti, sospettosi e solidali.